La suora eremita che insegnava alla Sorbona. Mirella Muià era atea, non guardava a Dio, non era credente. Ma un giorno molla tutto, torna nella sua Calabria e diventa monaca eremita in un eremo abbandonato di Gerace. Un luogo al centro di interessi criminali e di spaccio di droga.

«Sono qui perché ho risposto ad una chiamata». Mirella Muià, calabrese, a lungo ricercatrice alla Sorbona di Parigi. Improvvisamente ha mollato tutto per un cambio radicale di vita. Ha lasciato Parigi e si è rifugia in uno splendido eremo in Calabria, a Gerace. Diventando monaca eremita: «La mia non è stata una fuga dal mondo. Esattamente il contrario, io ho accolto il mondo».

Mirella non era credente, è stata atea per oltre 20 anni. Ma era sempre alla ricerca di qualcosa, che aveva individuato nell’arte e nella cultura. Ma evidentemente questo non le bastava.

Suor Mirella ha avuto una vita piuttosto agitata, certamente complicata. Sposata, ma il matrimonio è durato solo un mese. Ha una figlia, ha lottato contro una brutta malattia, fino alla drastica scelta di trasferirsi all’eremo di Gerace. Forse in cerca di sé stessa. Forse per trovare la pace nel silenzio, forse alla ricerca di Dio.

Ma andiamo con ordine. Mirella Muià è originaria di Siderno, dal 1977 al 1989 una lunga esperienza come ricercatrice presso la Sorbona di Parigi. Il vescovo monsignor Morosini la consacrata monaca eremita diocesana nel 2012 e le affida l’eremo dell’Unità, e quindi la Chiesa di Santa Maria di Monserrato di Gerace. 

«Se uno non ricerca il senso della vita, è tutto vano», dice suor Mirella come a spiegare le ragioni del suo ‘gran rifiuto’ del mondo. Per poi aggiungere: «Ma io non sono scappata dal mondo».

Lei è figlia di migranti e probabilmente questo ha inciso nella sua vita di eterna girovaga, sempre alla ricerca di qualcosa: «Era forte in me il desiderio di ritrovare un’appartenenza. Una appartenenza che ho trovato soltanto quando sono venuta qui».

Suor Mirella, pur rimanendo ferma in questi luoghi della sua vita monacale, confessa di essere sempre in viaggio: «Ci sono dei momenti in cui sono in Germania, dei momenti che sono a Parigi o in Europa. Io non sono mai ferma. È tutto qui, presente, per me il passato è una menzogna».

Suor Mirella si affaccia dai luoghi meravigliosi in cui vive, guarda in lontananza, vede un mondo che ama: «Qui di fronte c’è la Turchia, la Siria, il Libano, la Palestina». Guarda verso l’Oriente che ama tanto, poi guarda questo luogo che abita dal 2007, da quando mons. Morosini le chiese di far rinascere questa chiesa. Così l’Eremo ha ripreso a splendere, e lei in perfetta solitudine ha trovato il luogo della pace. Del silenzio e della preghiera. Ma soprattutto dell’accoglienza.

Un luogo che era diventato centro di spaccio di cocaina. Con un forte interesse di alcune cosche. Traffico di droga e malavita, e perfino due ragazzi uccisi nell’uliveto che circonda l’Eremo. L’arrivo di Mirella, che ignorava tutto questo, suscitò diffidenza e anche scalpore: per la gente lei era strana, non apparteneva ad una congregazione di suore, aveva, ed ha, una figlia. Inaccettabile! Per suor Mirella tante difficoltà da superare. E non è stato facile.

«I primi anni sono stati difficili. La gente non parlava con me e non mi raccontava quello che sapeva. L’unica cosa che mi ha salvato è stata la consapevolezza che io non sarei mai andata via da qui. Ho rifiutato l’invito del vescovo ad andare a vivere in seminario a Locri. Per me era fondamentale rimanere qui, in questi luoghi. E non mi sono mai pentita di questa scelta».

Suor Mirella trascorre qui il suo tempo dedicandosi all’accoglienza. C’è tanta gente che viene in questo eremo. Alcuni chiedono di rimanere qualche giorno, di fare una settimana di ritiro. In tanti rimangono affascinati da questi luoghi, dal silenzio, dalla loro bellezza.

Chissà cosa cerca la gente che viene qui a parlare con suor Mirella e a restare nell’Eremo per qualche tempo. Lei non ha dubbi: «Vengono qui perché anche loro sono alla ricerca di qualcosa».