La politica sfrutta un lutto per ridimensionare una giornata che è memoria condivisa mentre a Pasquetta e per le tifoserie calcistiche nessuno ha chiesto moderazione. Ma Bella Ciao continuerà a risuonare
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Il silenzio comodo che censura il 25 aprile, il giorno che vi fa paura.
Avete chiesto sobrietà. Nel giorno in cui si onora la rivolta. Nel giorno in cui si celebra la gioia guadagnata col sangue. Nel giorno in cui nacque – dalla carne viva della Resistenza – la Costituzione della Repubblica Italiana.
Sobrietà. Una parola che, detta da voi, suona come sputo sul volto dei morti. Come calce fresca sulle fosse comuni. Come un invito a tacere, mentre il sangue ancora non ha finito di urlare.
Il Papa è morto. Ma voi non state piangendo un uomo di Dio. State approfittando di un lutto per imporre il silenzio. Per cancellare concerti, vietare cori, rimuovere “Bella ciao”. Non per rispetto del sacro, ma per paura del vero.
Perché nessuno ha predicato sobrietà a Pasquetta, quando i prati erano pieni, le griglie accese, le birre fresche. Nessuno ha predicato sobrietà per le tifoserie, quando si è giocato il recupero di campionato e la Coppa Italia.
Solo il 25 aprile doveva tacere. Solo la Resistenza doveva farsi piccola. Questo è un modo subdolo, strumentale di mettere Papa Francesco contro il 25 aprile.
Ma “partigiano” significa di parte, e non neutrale. E Papa Francesco non è mai stato un uomo neutrale. Era dalla parte degli ultimi. E gli ultimi, in Italia, si sono chiamati partigiani.
È successo in alcune grandi città, ma anche ad Ancona, Cesena, Borgo San Dalmazzo, Grottaferrata, Romano di Lombardia, Ponte San Nicolò, Pomezia, Chivasso, Leno.
Comuni dove la Resistenza è stata ridotta a cerimonia muta, senza musica, senza popolo, senza verità. E tutto questo perché?
Perché chi oggi è al potere non è figlio della Resistenza.
Ne è estraneo per origine, cultura, visione, e storia politica. Non c’era nei boschi. Non c’era nelle carceri. Non c’era nei campi di sterminio. Non c’era nella Costituente. E giura su una Carta che non riconosce.
Non solo: non hanno neanche il coraggio di ammettere quello che sono. Sono fascisti.
Lo sono nel pensiero, nel disprezzo per la memoria, nell’ossessione per l’ordine, nella rimozione sistematica del dissenso, nella retorica sull’identità e sulla patria, nella diffidenza verso l’arte, la scuola, la libertà. Ma non lo dicono.
Fossero almeno sinceri, sarebbe più facile combatterli. Ma preferiscono travestire la vergogna con il tailleur della ministra e il doppiopetto del ministro. Vogliono la restaurazione, ma senza sembrare reazionari. Vogliono la cancellazione della storia, ma senza passare per censori.
Sono fascisti, ma sotto anestesia. E per questo più pericolosi. Toglieteci la musica, ma non potrete mai togliere la memoria. Toglieteci le bande, ma non potrete mai cancellare le madri che lavarono con lacrime le camicie insanguinate dei figli fucilati.
Toglieteci “Bella ciao”, ma non potrete mai impedire ai vecchi partigiani di morire col pugno chiuso.
Cancellate, tagliate, annullate.
Avete paura delle note, perché ogni nota vi ricorda quello che non siete mai stati: liberi, poveri, sporchi, veri.
Ogni accordo suonato vi accusa. Ogni strofa cantata è un atto d’accusa. La vostra sobrietà è una menzogna. Un vergognoso teatrino di lutto comandato, una messa in scena per zittire la memoria, un trucco linguistico da burocrazia della menzogna.
Non è per il Papa che chiedete silenzio.
È per voi stessi. Perché sapete di non avere nulla da dire. Perché sapete che il 25 aprile, se fosse davvero celebrato, vi scaccerebbe dai palazzi.
Il 25 aprile è tutto ciò che odiate. Continua a leggere su lacapitalenews.it.