Il rinnovo implicito del contratto stipulato con l’azienda 30 anni fa, gli aggiornamenti tecnologici mai effettuati e le cause perse in Tribunale: ecco l’accordo per le fatture mai pagate dalle Asp di Vibo e Reggio Calabria
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Un colpo di sonno pluriennale della burocrazia costerà alla Regione Calabria quasi 260mila euro. Colpa dei rinnovi impliciti di un vecchio contratto stipulato con Tim (quando si chiamava Telecom Italia) per la gestione del sistema di emergenza-urgenza sanitaria 118.
L’accordo siglato nel 1994 prevedeva l’installazione di cinque centrali operative nelle aziende del Sistema sanitario regionale con collegamenti verso Pet e Pronto soccorso. Dopo qualche tempo, nel 2000, è stato approvato un aggiornamento tecnologico del sistema, implementando la tecnologia Isdn e riducendo i costi operativi. Tanto per dare un’idea del tempo trascorso: Isdn, all’epoca all’avanguardia perché consentiva di gestire più chiamate contemporaneamente, è stata dismessa da Tim.
Torniamo al contratto: nel corso degli anni – si legge nel documento del dipartimento Salute che sancisce la chiusura della controversia – «ha continuato a essere rinnovato implicitamente nonostante l'assenza di proroghe formali, e Tim ha continuato a garantire il servizio, con la manutenzione e il noleggio delle centrali operative a carico della Regione Calabria».
Altro passaggio nella lunga storia di questa amnesia amministrativa: a seguito di modifiche normative del 2004, «le Aziende sanitarie provinciali hanno acquisito i contratti per le linee di collegamento del sistema 118, mentre i contratti relativi alla manutenzione delle centrali operative sono rimasti in capo alla Regione».
Qui la determina apre a una critica nei confronti di chi ha gestito quella fase: «Nonostante le ripetute richieste di aggiornamento delle centrali, il sistema è rimasto obsoleto, generando problematiche nella manutenzione e difficoltà nel reperimento delle parti di ricambio». Intanto, però, «Tim ha continuato a fornire il servizio senza interruzioni, accumulando crediti per le prestazioni non retribuite».
Non solo: nel corso degli anni, Telecom Italia (oggi Tim) ha evidenziato più volte «la necessità di aggiornare le centrali operative, particolarmente quelle di Reggio Calabria e Vibo Valentia, ancora basate sulla tecnologia del 2000. Tuttavia, le proposte di aggiornamento non sono state formalizzate da parte della Regione, che ha continuato a utilizzare il sistema esistente». Doppia beffa: non solo il debito nei confronti di Tim è cresciuto ma a lungo le strutture al servizio del 118 sono rimaste obsolete.
Questa fase della controversia, però, riguarda i soldi e gli «obblighi di pagamento di fatture per il periodo di competenza dal 6° bimestre 2013 al 1° bimestre 2016 e relative al 4° bimestre 2017, emesse sia a titolo di sorte capitale che di interessi moratori, per le prestazioni rese in relazione al servizio di emergenza 118 attivo presso le sedi provinciali delle Aziende Sanitarie». Si tratta in particolare di quelle di Vibo Valentia e Reggio Calabria: mai onorate «per ragioni amministrative».
Tra lettere senza risposta per aggiornare la tecnologia e contratti rinnovati in maniera implicita si arriva alle carte bollate. E l’epilogo, per la Regione, è negativo. Nel 2019 viene accolto il primo decreto ingiuntivo, nel 2023 – dopo un tentativo di fare ricorso da parte della Cittadella – il Tribunale condanna l’amministrazione a pagare 413mila euro. A questo punto iniziano le trattative per chiudere a una quota inferiore e la Regione riesce a ottenere uno sconto di circa 160mila euro: l’azienda rinuncia agli interessi di mora ma la distrazione degli apparati burocratici costa cara. Tra apparecchi obsoleti e costi che aumentano pagano sempre i calabresi.