Si estende tra una sottile striscia pianeggiante e un territorio collinare e montuoso, Ardore, un piccolo comune della Locride abitato da circa cinquemila persone. La comunità è guidata da un giovane parroco, don Tonino Saraco. È Ardore il posto dove il Signore l’ha voluto ed è questo il luogo dove ogni giorno si consuma. Il sacrificio è grande e le sfide non mancano.

 

Di recente glien’è capitata una che è valsa la pena accogliere. Mons. Oliva, vescovo di Locri-Gerace, lo ha nominato Rettore del santuario di Polsi. Il presule affermava “il santuario deve essere luogo di spiritualità e fede: è questa la sfida su cui si gioca il futuro del luogo sacro”. Rivolgendosi poi a don Tonino: “dovrai esserne fedele e coraggioso interprete”.


Con prontezza e obbedienza il sacerdote ha accolto l’incarico. È fiducioso don Tonino “Ho il sostegno di mons. Oliva , della Diocesi e di tante persone. Sono sereno perché certo che è il Signore che mi ha chiamato. Mi darà la forza necessaria per portare avanti questa missione”.


Una missione nella missione. Il sacerdote resta infatti parroco di Ardore. Ma chi è Don Tonino Saraco?


Da 16 anni è sacerdote. In passato è stato più volte fatto oggetto di minacce e di intimidazioni durante lo svolgimento del suo ministero. Nell’agosto 2004, quando era parroco a Siderno, gli fecero trovare appesa allo specchietto retrovisore della sua auto una busta di plastica con cinque proiettili di pistola di grosso calibro e un messaggio “se continui così tutti questi colpi te li spariamo in testa”.

 

Sembra che il sacerdote non avesse accettato di favoreggiare un criminale del luogo. Lui ci tiene però a dire: “Non mi sento un prete antimafia, sono un semplice sacerdote”. Chiunque predica il Vangelo e fa della Parola la sua vita combatte contro ogni male. E la ‘ndrangheta è male. Bisogna rieducare le coscienze. Scuoterle perché non restino corrotte da una cultura menzognera”.


Di recente don Saraco è salito anche agli onori della cronaca per l’accettazione di un bene confiscato. Una palazzina di due piani, un tempo proprietà di un boss della ‘ndrangheta di Natile Careri, è stata affidata alla comunità parrocchiale ed è diventata centro di aggregazione sociale. “Non è facile trasformare un bene confiscato in un bene comune”, ha dichiarato don Saraco.


Il luogo che accoglierà una moltitudine di persone, 250 tra ragazzi e bambini, dovrebbe diventare una comunità di vita, di integrazione. Nella struttura, un’ aula è diventata luogo di divulgazione della Parola di Dio. Vengono organizzati dei cicli catechetici. Un’altra sala è stata adibita a oratorio.

 

Abbiamo chiesto al sacerdote se un gesto del genere sia stato compreso: Non tutti hanno appreso che si tratta di un’importante occasione di riscatto per l’intera comunità”, ha affermato.


D’altronde, in una realtà come questa, a volte la ricorrenza, la pesantezza dei fatti può indurre a vedere solo oscurità e a perdere fiducia. È una tentazione a cui bisogna reagire. Sotto la superfice spumeggiante che fa emergere il peggio, bisogna credere che qualcosa di bello brulica. Don Tonino di questo ne è convinto e da anni si batte.


Socializzare, evangelizzare, educare al cambiamento di mentalità, alla legalità, al bene comune, sono parte integrante della missione di don Tonino.


“Nella Locride le difficoltà si acuiscono e si scontrano anche con problemi sociali, culturali, retaggi del passato che mantengono legate le coscienze” ha detto il presbitero.


Quando parliamo di cultura e sociale facciamo riferimento non solo al modo di agire delle persone ma a quello di pensare, di credere, di vedere l’uomo, la società, le relazioni. Quando la cultura diffusa alimenta miti, simboli vuoti non è facile ricondurre l’uomo alla verità, a valori genuini. “Questa è la nostra sfida più grande. Aiutare, soprattutto i giovani, a comprendere che la ‘ndrangheta non ha in sé niente di buono. Il fenomeno genera solo male”, afferma don Saraco.


E così, ogni giorno, il silenzio lascia spazio al combattimento che mira non solo a consolidare il senso civico della legalità ma soprattutto a formare uomini e donne nuovi. La missione è ardua, la battaglia sarà dura ma “vale la pena combatterla per mostrare il volto bello della Chiesa”, ha affermato don Tonino.

 

Rosaria Giovannone

 

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