L'Istituto comprensivo Amerigo Vespucci ha ospitato una tappa della tournée messa in piedi dal maestro Alberto Veronesi, figlio del celebre oncologo
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La musica e l’arte come emblema di bellezza da opporre alle brutture e agli orrori della guerra. È un po’ questo il senso della tournée che sta portando ad esibirsi in diversi angoli d’Italia tre artiste del teatro di Odessa, fuggite dal conflitto che da ormai più di un mese sta affliggendo il loro Paese, l’Ucraina. Il concerto che le vede protagoniste questa mattina ha fatto tappa a Vibo Marina, nell’auditorium dell’Istituto comprensivo Amerigo Vespucci. Una scuola, diretta dalla dirigente Maria Salvia, che fin dall’inizio della guerra ha aperto le sue porte ai piccoli profughi e che oggi conta quasi una ventina di alunni ucraini.
Le voci del soprano Haiane Arutiunian e del mezzosoprano Olha Kreps hanno intonato lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi, sulle note dell’orchestra ArteCultura diretta dal maestro Alberto Veronesi – figlio del celebre oncologo Umberto. Il tutto impreziosito dai movimenti della solista di ballo Katerina Burdik. Si tratta di tre artiste di punta della scena ucraina che proprio il maestro Veronesi ha contribuito a mettere in salvo, dopo una chiamata del direttore del teatro di Odessa. Ora, il tour in tutta Italia per promuovere un messaggio di pace attraverso la loro arte.
A Vibo Marina platea gremita: non solo studenti, ma anche tanti cittadini e il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea Attilio Nostro. Alla fine dell’esibizione, ovazione del pubblico mentre le tre artiste reggevano sul palco la bandiera ucraina. «È stata una mattinata emozionante, un’iniziativa splendida in questa situazione drammatica», ha detto il vicepreside e maestro dell’orchestra Vespucci, Andrea Mamome. «La musica unisce e parla al cuore – ha aggiunto -, ancor di più lo Stabat Mater che è una delle composizioni più suggestive di sempre. Siamo felici di ospitare i nostri piccoli alunni ucraini e oggi anche queste meravigliose artiste. Di certo non possiamo alleviare il loro grande dolore, ma possiamo star loro vicini e ribadire il nostro No alla guerra».