VIDEO | L'idea è nata nel 2014 e quest'anno è stata ripresa e migliorata anche grazie al coinvolgimento di Canon Italia che ha regalato ad ogni corsista una macchina fotografica compatta
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Prima del 2014 era impensabile pensare a un corso di fotografia per ciechi e ipovedenti, una categoria spesso messa da parte solo perché portatori di un handicap. Ma la forza di volontà non ha limiti e oggi è possibile spingersi a pensare a un fotografo cieco.
L’idea mi venne proprio nel 2014, negli studi televisivi di LaC Tv, durante le riprese del programma "La nostra domenica", in una puntata in cui avevamo ospitato i ragazzi dell'Uici di Vibo Valentia: nell’avvicinarmi a parlare con Giovanni Barberio, loro presidente, commisi l'errore di non guardarlo negli occhi, di frapporre una barriera, di rivolgermi a lui guardando, però, il suo accompagnatore.
Nel percepire il mio comportamento, Giovanni mi apostrofò malamente: «Perché non mi guardi, mentre parli con me?». Mi fece sentire una persona limitata, e ci rimasi malissimo. Sapevo di non averlo offeso volutamente, ma l'istinto e l’ignoranza avevano comunque preso il sopravvento e per riparare in qualche modo, pensai di fare qualcosa con loro, mettendo a disposizione la mia professione.
Così mi venne l'idea del corso di fotografia per ciechi e ipovedenti, e quando andai a proporgli il progetto, Giovanni mi disse: «Saverio, pensi di venire qua a prenderci in giro?». Quando, però, gli spiegai i dettagli si convinse e accettò la sfida.
Sapevo che sarebbe stato molto difficile e, anche se alcune cose le avevo già decise, cercai in rete degli spunti per migliorare la mia idea: mi accorsi però che si trattava di un progetto pionieristico, mai era stata fatta una cosa del genere. Dovetti studiare tutto da solo.
Ricordo ancora il primo giorno del corso: dovevo avere cinque allievi, mi trovai con undici persone. L'entusiasmo era alle stelle. Quando gli consegnai le macchine fotografiche professionali, i loro occhi erano davvero gioiosi ed emozionati, era la prima volta che tenevano in mano un apparecchio del genere.
Anche la lezione sull'inquadratura e su una regola basilare in fotografia fu memorabile: utilizzando dei bastoncini di legno che i corsisti sistemavano sul tavolo formando un rettangolo con le rispettive linee verticali e orizzontali e toccandolo con le mani, intuirono la regola dei terzi, quella cioè che vuole il soggetto principale mai al centro dell'inquadratura.
Dopo sei anni ho voluto ripetere il corso a Cosenza, migliorandolo e coinvolgendo la Canon Italia, che ha sostenuto il mio progetto accettando la mia richiesta di regalare ad ogni corsista una macchina fotografica compatta.
Dopo varie settimane di teoria e pratica, abbiamo fatto la prima uscita a Tropea, accolti dall'Hotel Rocca Nettuno, grazie anche alla sensibilità del direttore Gianni Imparato. Qui i corsisti hanno fotografato autonomamente i turisti. Il risultato è stato eccezionale, tanto che i turisti coinvolti, nel vedere le foto fatte dai miei allievi, si emozionavano e li ringraziavano commossi.
Attualmente i corsisti stanno lavorando ad un tema fotografando le varie differenze, in modo da far capire che tutti siamo uguali, con la speranza che le barriere mentali e i pregiudizi vengano annullati una volta per tutte.
Come fa un non vedente a fotografare? Certo, c'è un handicap, ma tutto parte dalla mia descrizione della scena che hanno di fronte, sono loro poi a decidere che tipo di angolatura e cosa fotografare, mettendo in pratica le regole studiate soprattutto la regola dei terzi.
Magari non verrà fuori una fotografia perfetta, ma sicuramente sarà più emozionante di quelle normali, perché scattata con gli occhi del cuore, usando altri sensi a noi sconosciuti che consentono di emozionare ed emozionarsi e soprattutto trasmettere il proprio io.