Tra collaudi e prove che allungato i tempi di apertura, è stata operativa per meno di un decennio. Ora nuovi fondi riaccendono la speranza
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Un’opera mai entrata completamente in funzione nonostante i 70 miliardi di lire stanziati più di 40 anni fa per la sua costruzione dalla Cassa per il Mezzogiorno. Questo è ciò che rappresenta oggi la diga sul torrente Lordo a Siderno, nel reggino. Costruito nel 1983 l’invaso, a lavori ultimati, consentiva l’accumulo di circa 9 milioni di metri cubi d’acqua. Ci sono voluti 10 anni per vedere l’acqua iniziare a riempire la diga, altrettanti ne sono serviti, tra collaudi e prove, per poter inaugurare la struttura, che alla fine è stata operativa per meno di un decennio, in quanto gli ingegneri del consorzio bonifica (gestore della diga) si accorsero di alcune crepe nella struttura in cemento armato frutto di alcuni movimenti franosi. Un problema che portò all’inevitabile decisione di svuotare completamente la diga nel 2013.
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La diga sul Lordo però è oggi anche speranza. Sì, perché l’emergenza idrica è sempre più pressante e il conto che il cambiamento climatico presenta alle future generazioni è estremamente alto. L’acqua diventa allora il bene da preservare maggiormente, da custodire anche grazie a mega impianti di raccolta come dighe e invasi. La buona notizia per Siderno e per tutta la Locride è che quella speranza, negli ultimi mesi, si è trasformata in qualcosa di concreto. E cioè nel parere favorevole di fattibilità tecnico-economica per il recupero dell’invaso da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il progetto è rientrato inoltre nel Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico che definisce le priorità strategiche per il Paese. Un investimento di quasi 25 milioni di euro e una risorsa inestimabile per un intero comprensorio.