ROMA - Annullata dalla Corte di Cassazione senza rinvio la confisca di beni, per un valore di oltre 14 milioni di euro, operata a carico dell'ex consigliere regionale Santi Zappalà, arrestato nell'ambito dell'operazione “Reale”. Disco rosso dai giudici del “Palazzaccio” pure all'aggravante mafiosa per l’ex deputato regionale. Questa seconda questione verrà affrontata però dai giudici di una nuova sezione della Corte d’Appello di Reggio Calabria.  Confermata, invece, la condanna per il solo reato di corruzione elettorale. In secondo grado, a Zappalà erano stati inflitti 2 anni e 8 mesi di reclusione per corruzione elettorale aggravata dalla modalità mafiose. L’arresto dell’ex sindaco di Bagnara, all'epoca dei fatti consigliere in quota Pdl, risale  al dicembre del 2010 nell'ambito dell'operazione Reale, condotta dai Carabinieri del Ros.

Ad incastrarlo, era stata una microspia ambientale che i  militari erano riusciti ad installare in casa di Giuseppe Pelle, figlio del carismatico boss di 'ndrangheta, il defunto Antonio Pelle detto "'Ntoni Gambazza".

Le intercettazioni svelarono i colloqui in casa Pelle, cui avrebbe partecipato pure Zappala', il quale si era rivolto alla potente famiglia di San Luca per chiedere sostegno e voti in vista delle imminenti elezioni regionali che lo avrebbero visto poi effettivamente eletto nell'assise di palazzo “Campanella”, con oltre 11 mila preferenze. Dopo le condanne in primo e secondo grado, nell’Ottobre dello scorso anno,  la Guardia di Finanza aveva proceduto anche alla confisca dei beni di Zappala', un patrimonio da 14 milioni di euro che adesso dovra' essere restituito all'ex consigliere regionale, difeso dagli avvocati Francesco Albanese e Domenico Alvaro.