«Solo il 3% dei bambini calabresi ha accesso all’asilo nido pubblico in una regione in cui quasi un bambino su dieci vive in una condizione di povertà relativa. Paradigmatico è il dato relativo alle spese per la prima infanzia pari a 149 euro a bambino in Calabria a fronte della somma di 2481 euro investita nella provincia autonoma di Trento». Sono dati drammatici e rappresentativi del divario esistente tra il Sud, la Calabria e il resto dell’Italia, che non risparmia neppure l’infanzia e l’adolescenza, quelli evidenziati da Carla Sorgiovanni, referente in Calabria di Save the Children.

Anche in occasione del trentesimo anniversario della ratifica in Italia della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (adottata nel 1989 a New York e sancita in Italia dal 1991), l’organizzazione internazionale sottolinea la necessità di maggiori tutele e di politiche più mirate a ridurre le notevoli disuguaglianze.

La consueta raccolta di dati contenuti nell’Atlante dell’infanzia a rischio, dal titolo “Il futuro è già qui” che invoca interventi ormai indifferibili, inquadra la Calabria come una regione sempre in coda, in cui gli standard essenziali di garanzia sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli nazionali ed europei

Catanzaro e Crotone più virtuose, Reggio ultima

Una disparità che si registra anche sui singoli territori con riferimento, per esempio, alla possibilità di fruizione del tempo pieno e della mensa. «Soltanto le province di Catanzaro e Crotone, rispettivamente con il 42% e il 36,4%, hanno una media che supera quella nazionale pari a 36,3%.

Il dato scende a Cosenza e Vibo Valentia fino al 25% e al 17% per precipitare fino al 14 % a Reggio Calabria. Anche con riferimento alla possibilità della mensa la situazione nel Catanzarese e nel Crotonese è nettamente migliore, rispettivamente con il 41% e il 42%, mentre a Cosenza e Vibo le percentuali si assestano rispettivamente sul 24% e 25%, per scendere fino al 13,5% a Reggio Calabria», spiega ancora Carla Sorgiovanni.

Alte percentuali di chi abbandona la scuola 

Il fronte dell’istruzione, tra le direttrici strategiche per analizzare i livelli di povertà educativa, è particolarmente critico in Calabria con percentuali che trascinano giù l’Italia anche in ambito europeo.

Il dato degli Early school leavers (esl) o Early leavers from education and training (elet), ossia l'indicatore europeo che misura la percentuale di giovani 18-24enni che non studiano e non hanno concluso il ciclo, segna in Campania (17,3%) Calabria (16,6%) e Sicilia (19,4%) le percentuali più alte e superiori alla media nazionale del 13,1%.

Stesso trend negativo si registra sul fronte dei Neet (Not in education, employment or training), indicatore con il quale si identifica la quota di popolazione di età compresa tra 15 e 29 anni che non è né occupata, né inserita in un percorso di istruzione o di formazione. Rispetto alla media nazionale del 23,3% (media europea del 13,7%), le percetuali salgono notevolmente sempre in Sicilia (37,5%), Calabria (34,6%) e Campania (34,5%).

Alto tasso di dispersione scolastica implicita

Restano le regioni del Mezzogiorno quelle con le maggiori percentuali di bambini che non leggono e che non forniscono informazioni e con il peggior rapporto tra numero di biblioteche pubbliche e private insistenti sui territori e infanzia e adolescenza residente (in Calabria il rapporto è tra tre e cinque biblioteche ogni diecimila minori). Più incoraggiante il dato sportivo: in Calabria la metà dei minori pratica sport. Dato quasi in linea con quello nazionale che sfiora il 60%.

Altro aspetto critico attiene al calo dell’apprendimento. Dall’analisi del fenomeno della dispersione scolastica implicita, su cui ha gravato la pandemia e che in Calabria riguarda un numero sensibilmente alto, non solo rispetto alla media nazionale del 10%, di giovani che conseguono il diploma non raggiungendo adeguati livelli di competenza, emerge uno spaccato negativo che nel Reggino e nel Vibonese riguarda una percentuale compresa tra il 17% e il 25%; nel Cosentino, nel Crotonese e nel Catanzarese ha superato il 20% la percentuale di chi non si è sottoposto alle prove Invalsi nell’anno scolastico 2020/2021.

Il report di Save the Children scende nel dettaglio e riferisce: «Se consideriamo l’intera popolazione studentesca al 5° anno delle superiori che ha svolto le prove Invalsi, al livello provinciale, le percentuali di dispersione implicita mostrano differenze abissali – 28% a Crotone, 26% nel Sud Sardegna, 25% a Cosenza e Agrigento, 1,3% a Trento, 1,4% a Aosta e 1,7% a Sondrio – che diventano siderali se si restringe il campo agli studenti svantaggiati (appartenenti al quartile socioeconomico più basso).

Proprio in molte aree del Paese dove anche prima del Covid l’efficacia della scuola nel garantire livelli adeguati di competenze era più debole, la partecipazione alle prove Invalsi della primavera 2021 è stata particolarmente scarsa: in tutte le province della Puglia oltre la metà dei diplomandi era assente alle prove (tranne Lecce con il 35%), ma anche in altre province del Mezzogiorno (come Avellino, Napoli o Cosenza con oltre il 40% di assenze) le scuole non sono riuscite ad organizzare lo svolgimento corretto delle prove, oppure molti studenti non sono stati adeguatamente coinvolti nella didattica durante l’anno e si sono autoesclusi», si legge sull'Atlante dell'infanzia a rischio di Save the Children.

Necessità di interventi e disponibilità di fondi

Un quadro grave, dunque, poiché tali condizioni di diseguaglianza di diritti e opportunità di accesso a servizi essenziali, in territori già fortemente deprivati, negano di fatto una crescita sana e compiuta edespongono proprio le più piccole e i più piccoli ad una condizione di povertà educativa difficilmente colmabile in futuro.
«I dati sono particolarmente preoccupanti.

In un Paese che invecchia e in cui la pandemia ha aggravato la povertà educativa e le disparità, c’è necessità di politiche adeguate. Oggi ci sono anche le opportunità grazie ai fondi Next generation Eu, al Pnrr, al Child Guarantee. Bisogna agire subito», ha concluso Carla Sorgiovanni, referente in Calabria di Save the Children.