Colorato, rumoroso, determinato, numeroso: il popolo “No Ponte” è tornato in piazza a distanza di pochi mesi dalla grande manifestazione dell’estate passata e lo ha fatto con numeri che non si vedevano da tempo. In migliaia sono arrivati sulla sponda siciliana dello Stretto, chiamati a raccolta per contrastare l'accelerazione governativa delle scorse settimane (ultima in ordine di tempo l’ennesimo aumento di capitale della società Stretto di Messina) per la realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. Una risposta forte, arrivata dalle popolazioni che lo Stretto lo vivono tutti i giorni e che il ponte lo vedono come fumo negli occhi. 

L’appuntamento è per il primo pomeriggio, a piazza Cairoli, il salotto buono di Messina. È da lì che, poco dopo le 16, il corteo inizia la sua marcia lungo le vie del centro. Ci sono i comitati spontanei, i partiti e le associazioni ambientaliste arrivate un po’ da tutto il Paese. Una volta si sarebbe detta una piazza di sinistra. Ma le persone che minuto dopo minuto rimpolpano il serpentone sono quelle delle due città che si specchiano tra Scilla e Cariddi. Sono loro che temono che il maxi cantiere necessario alla costruzione del ponte possa violentare uno dei paesaggi più magici d’Italia. 

È il ministro Salvini l’obiettivo principe degli sfottò della piazza. È lui il destinatario di tanti striscioni pungenti che ricordano come il leader leghista abbia cambiato diametralmente idea, passando dell’opposizione alla maggioranza, sulla realizzazione del ponte. 

C’è l’ex sindaco di Messina, Renato Accorinti, ad aprire il corteo dietro lo striscione “lo Stretto non si tocca”: «Speravo in questa partecipazione popolare – racconta a LaC News24 – è l’ennesima dimostrazione che le due città il ponte non lo vogliono». Accanto a lui anche l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, e il missionario Alex Zanotelli. A Messina è sbarcato, in forze, anche il Pd di Reggio, ordinatamente in marcia per il no al ponte. Un’immagine che stride con l’assenza del primo cittadino di Reggio, Giuseppe Falcomatà, che alla manifestazione non si è fatto vedere, come d’altronde anche la sua collega di Villa San Giovanni, che quei cantieri dovrà viverli sulla propria pelle. 

Quando il lunghissimo serpentone chiude la sua marcia a piazza Duomo sono da poco passate le 17. Qui il corteo, come da amara tradizione nelle piazze di sinistra, si divide: una parte sotto il palco ufficiale, un’altra sotto il camion degli autonomi. Due comizi diversi, un’idea comune: no al ponte sullo Stretto.