L’eruzione che ha sconvolto il Sud Pacifico ci ricorda che anche nel Tirreno, a meno di 200 chilometri dalla costa, c’è una montagna pronta a eruttare. Il geologo Carlo Tansi spiega differenze e pericoli. Ma il vero nemico è un altro (ASCOLTA L'AUDIO)
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«È un disastro senza precedenti». Le prime, rare foto che giungono dall’arcipelago di Tonga, dove venerdì (sabato in Italia) è esploso il vulcano sottomarino Hunga-Tonga-Hunga-Ha'apai, restituiscono l’immagine dell’apocalisse che si è consumata nel regno polinesiano del Sud Pacifico, formato da più di 170 isole. «Senza precedenti…», sottolinea il governo del piccolo regno di Tonga.
L'eruzione di Tonga: l'inferno in paradiso
Al posto di quelle strisce di sabbia bianca e rigogliose di palme affacciate sulla barriera corallina, che nell’immaginario collettivo dell’Occidente rappresentano da quasi tre secoli il paradiso in terra, resta solo l’arsura vetrificata di ciò che è stato.
Le foto aeree scattate da mezzi dell’esercito neozelandese mostrano cenere e distruzione, mentre il mare, una volta cristallino, si infrange denso come fango su spiagge che sembrano fatte di terra bruna.
Come un fungo atomico
Dal momento dell’eruzione, alle 23.30 di venerdì (ora di Lima), catturata dalle telecamere dei satelliti come un fungo atomico degli anni ‘60, il regno di Tonga è isolato in mezzo all’oceano, senza neppure collegamenti telefonici e internet, a causa della rottura del cablaggio sottomarino. Cinque i morti per ora accertati (di questi, 2 sono spirati in Perù, a più di 10mila chilometri di distanza, a causa dello tsunami che si è abbattuto molte ore dopo sulla costa del paese sudamericano). Ma il bilancio delle vittime, quando si riuscirà a raggiungere tutte le isole colpite dall’eruzione, potrebbe essere molto più drammatico.
Marsili, "mostro" calabrese
«A eruttare è stato un vulcano “acido”, dunque esplosivo, dello stesso tipo a cui appartiene il Vesuvio in Italia», spiega Carlo Tansi, geologo e ricercatore calabrese del Cnr, ex capo della Protezione civile regionale, noto alle cronache per l'animosità che contraddistingue il suo impegno politico. Ma prima di questo, uno scienziato.
Anche la Calabria ha i suoi mostri sonnacchiosi e convive con un vulcano sottomarino immenso, alto 3 chilometri, con una base larga 30 e lunga 70 chilometri: il Marsili. La sua vetta resta nascosta da 450 metri di acqua che la separano dalla superficie del mare. Ma c’è. Ed è lì, nel mezzo del Tirreno, 170 chilometri al largo di Amantea. Il suo nome evoca timori ancestrali, anche se è solo quello dello scienziato del 1600, Luigi Ferdinando Marsili (foto Wikipedia), a cui è stato intitolato.
Le differenze tra il Marsili e il vulcano di Tonga
Potrebbe comportarsi come il vulcano di Tonga e seminare morte e distruzione esplodendo?
«No - risponde Tansi -, il Marsili è molto diverso perché è un vulcano “basico”, le cui eruzioni non sono esplosive ma comportano la fuoriuscita di lava molto più fluida, che non imprigiona grandi sacche di gas mentre risale verso l’alto. È l’accumulo dei gas che determina esplosioni distruttive, come avvenne in Campania nel 79 dopo Cristo, colpendo Pompei ed Ercolano. L’Etna, ad esempio, è un altro vulcano non “cattivo”, proprio perché le sue eruzioni sono effusive e la lava sgorga fluida per poi scendere lungo i lati della montagna».
Dal Marsili pericolo tsunami
Ma tirare un sospiro di sollievo non è consentito, perché il Marsili può colpire in un altro modo.
«I fianchi sottomarini del vulcano “calabrese” - continua Tansi - possono franare e generare grandi tsunami che si abbatterebbero in 10-15 minuti sulle coste siciliane e in 20-30 minuti su quelle calabresi». È già accaduto di recente, e non è stato il Marsili a provocare il maremoto, ma lo Stromboli.
Il precedente di Stromboli
Nel 2002 una parte della “Sciara del fuoco”, il fianco della montagna lungo il quale la lava scivola in mare quando lo Stromboli erutta, franò in mare. Si formò un’onda anomala che si diresse verso le coste della Calabria, dove arrivò senza provocare grandi danni.
Un pericolo che Tansi non sottovaluta, tanto che quando era a capo della Protezione civile regionale gettò le basi per un piano di emergenza anti-tsunami che prevedeva precisi protocolli di sicurezza da adottare negli insediamenti lungo la costa in caso di allarme. «Ora non so che fine abbia fatto quel piano…», dice con velata vis polemica.
Questione di placche
Resta sempre e comunque un problema di placche. Tettoniche. Lo ribadisce il geologo del Cnr, che ricorda come quella africana collida e si infili sotto quella europea («subduce», precisa) proprio tra Sicilia e Calabria. È questo lento ma inesorabile movimento la causa di tutto. Anche, e soprattutto, dei terremoti.
Sono i terremoti il vero nemico della Calabria
«Il pericolo maggiore che corre la Calabria non è legato ai vulcani, che pure ci sono, ma ai terremoti. Il 50 per cento dei terremoti catastrofici accaduti in Italia si sono verificati in Calabria», fa notare Tansi (foto). E snocciola i precedenti, che a definirli così, come semplice statistica, viene un brivido: anno 1908, 120mila morti tra Reggio e Messina; anno 1783, 35mila morti sempre nel Reggino; anno 1638, 10mila morti nella Piana di Lamezia. Ma anche il Cosentino ha dovuto piangere le sue vittime in tre diversi sismi: tra il 1835 e il 1870, ci furono 100 morti proprio nella parte alta della regione.
«In Calabria 140mila edifici sono abusivi - continua l’ex capo della Protezione civile -. Un calabrese su quattro vive in una casa che sicuramente non è stata costruita secondo le regole antisismiche. Senza considerare che la maggior parte delle abitazioni, anche quelle in regola, sono state costruite prima degli anni ’80, quando non c’erano norme antisismiche da seguire, che sono state introdotte in Italia solo dopo il terremoto dell’Irpinia».
Da qui il suo appello, che assume il tenore di un avvertimento: «Si parla tanto del bonus edilizio per rifare le facciate delle case, ma si dimentica che le agevolazioni in vigore prevedono anche un bonus sismico, con il rimborso del 110 per cento delle spese sostenute per adeguare la propria abitazione agli standard di sicurezza. Ecco, questa è una cosa alla quale tutti dovrebbero pensare, perché i terremoti non uccidono. Sono gli edifici che crollano a farlo».
degirolamo@lactv.it