La vicenda della riqualificazione degli studi teologici ha alzato un polverone e prefigura per alcuni una nuova spoliazione in riva allo Stretto. Il silenzio del Vescovo non aiuta, i reggini si uniscono bacchettando la politica e nasce un Comitato di cittadini per salvare il salvabile
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Non è roba da scomodare i concordati o i Patti firmati a Roma nel 1929, ma poco ci manca. Perché in riva allo Stretto la soppressione del Seminario regionale arcivescovile di via Pio XI ha provocato e sta provocando un cortocircuito nei rapporti tra i fedeli – e comunque una grossa fetta di fedeli costituitisi anche in un Comitato – e la Curia retta da Fortunato Morrone, dal marzo del 2021 arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova.
Il punto è che da mesi, ormai, non si parla d’altro negli ambienti cattolici, ma anche laici, della città, con la politica a tenersi strategicamente alla larga da un dibattito crescente nei toni e nei contenuti. D’altra parte in città c’è la convinzione che la decisione di istituire a Catanzaro un unico Istituto teologico, svilisca il Seminario più grande della Calabria che è appunto quello di Reggio, e che in altre parole sia una decisione “politica” che non c'entra nulla con le indicazioni fornite dal Vaticano. La questione ha smosso anche la segreteria politica cittadina di Fratelli d’Italia che ci è andata giù duro col vescovo, costringendo il capogruppo meloniano a Palazzo San Giorgio, dove pure la questione ha trovato sponda durante l’ultimo Consiglio comunale, a dissociarsi dalle parole usate dalla coordinatrice reggina del partito.
Quello che non aiuta i fedeli a capire è proprio il silenzio della guida spirituale della città - che dal 4 ottobre 2021 è anche presidente della Conferenza episcopale calabra – che ha scelto un basso profilo, non concedendosi a nessun organo di stampa e in generale a chiunque chieda spiegazioni su quanto sta succedendo, ritenendo che così possa tenersi al riparo da facili strumentalizzazioni. Che ovviamente non mancano anche in assenza di una voce ufficiale della Curia, visti i trascorsi campanilistici tra Reggio e Catanzaro, a cui si è unita anche la costatazione che la città più antica della Calabria non sia rappresentata all’interno della Cec.
In realtà, da quel che si è riuscito ad apprendere da ambienti ecclesiastici, il seminario di Reggio sarebbe decentrato, come anche quello di Cosenza, e dunque non agevole per raccogliere il meglio dei docenti che il territorio calabrese esprime in merito all’insegnamento della Teologia. L’accorpamento a Catanzaro avrebbe lo scopo di raccogliere i migliori docenti e così garantire a tutti la migliore qualità dell’insegnamento. L’attuale frammentazione incide negativamente su questo aspetto che invece è quello sul quale ha posto l’accento la Cei, con la recente promulgazione del documento la “Ratio nationalis”. Insomma più che ai numeri, che sembrano essere comunque più bassi a Reggio che a Catanzaro, si punta al «discernimento vocazionale» e alla formazione di un presbiterato capace di offrire esperienze pastorali ai futuri sacerdoti.
Il Seminario inoltre non chiuderebbe, lasciando intatta la parte del discernimento, e centralizzando la “specialistica” in teologia proprio a Catanzaro. Inoltre il seminario di Reggio resterà un punto di riferimento, un polo culturale, artistico e spirituale, sempre più aperto alla cittadinanza, preservando tutto il suo valore storico e religioso. Inoltre, il seminario Pio XI di Reggio dovrebbe restare anche sede dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “monsignor Vincenzo Zoccali”, dove si formano laici e religiosi, attivo in città da oltre 50 anni
La nascita dell’Istituto teologico
Ed è stata proprio una nota ufficiale della Conferenza episcopale calabra a rappresentare, per i fedeli più accesi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Perché se è vero come è vero che i seminari stanno diminuendo un pò ovunque per mancanza di vocazioni, una buona fetta di reggini sostiene che il Papa aveva demandato ai Vescovi l’esigenza di razionalizzare gli istituti esistenti e che quello di Reggio Calabria sia stato sempre il Seminario che ha dato più sacerdoti.
«Venerdì 7 marzo 2025, la Conferenza Episcopale Calabra si è riunita in sessione straordinaria presso l’Episcopio di Catanzaro. I Vescovi – si legge nella nota diffusa dalla Cec - dopo un momento di preghiera in cui hanno espresso la loro vicinanza e il loro sostegno al Santo Padre in questo momento delicato per la sua salute, hanno ricevuto don Francesco Asti, Preside della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, il quale, a nome del Cardinale Domenico Battaglia, Gran Cancelliere della stessa Facoltà, ha consegnato il decreto con cui il Dicastero per la Cultura e l’Educazione ha canonicamente eretto il nuovo Istituto Teologico Calabro “San Francesco di Paola”, aggregandolo alla PFTIM».
La nuova istituzione accademica, viene spiegato nella nota, sostituisce il precedente Istituto Teologico aggregato “San Pio X” di Catanzaro e i due Istituti affiliati di Cosenza e Reggio Calabria, segnando «la conclusione del processo di riqualificazione degli studi teologici in Calabria, fortemente voluto dal Santo Padre e dall’Episcopato calabrese e gradualmente portato avanti già da alcuni anni».
I Vescovi della CEC parlano quindi di «felice esito del faticoso e intenso lavoro svolto» e concludono la nota auspicando che «la nuova Istituzione, eretta il 22 febbraio 2025 e da tale data operante di fatto, possa offrire un contributo altamente qualificato non solo per i Seminaristi e i Presbiteri, ma anche per la formazione di tutti i fedeli laici attivamente partecipi alla vita della Chiesa o che desiderino prepararsi per un servizio più competente nei diversi contesti ecclesiali ed accademici, capaci di rendere ragione della Speranza che non delude».
Le barricate di FdI, il Pd solidale e il dietrofront del capogruppo
La politica in questa vicenda ci entra e in scivolata con Ersilia Cedro, presidente di Fratelli d’Italia Reggio Calabria, che ha indirizzato una lettera all’arcivescovo Morrone in cui traspare tutta l’amarezza e in un certo senso l’acredine verso un presunto immobilismo della Curia. «La misura è colma» aveva scritto la Cedro che rivolgendosi al prelato ha affermato: «Lei ha avallato convintamente il trasferimento a Catanzaro della teologia, cioè degli ultimi anni di studi del percorso che serve per diventare sacerdoti, cioè degli anni di studio più importanti che sono preceduti dal biennio filosofico, riducendo i seminari di Reggio Calabria e Cosenza a semplici “comunità formative per gli studi filosofici”. Ma perché trasferire tutto a Catanzaro e non a Reggio? Perché l’obiettivo era salvare il Seminario di Catanzaro (che viene definito impropriamente regionale, visto che regionale non lo è mai stato)».
Cedro ha quindi tratteggiato un quadro che va al di là dell’evidente calo delle vocazioni. E in un altro passaggio della lunga lettera sostiene che «I parroci del Clero reggino che hanno sottoscritto e firmato la lettera inviata al Papa, per scongiurare la chiusura del Seminario di Reggio Calabria, hanno a Lei, S. E., chiesto in qualità di alto rappresentante del Clero reggino di sottoscrivere quella lettera. Lei, S. E., si è rifiutato di farlo adducendo una motivazione risibile ed imbarazzante: “Io Obbedisco al Papa, anche se questa decisione comporta la dolorosa chiusura del Seminario”. Invitando tutti quanti ad obbedire alla scelta del Santo Padre».
Una “colpa” che porta la Cedro a minacciare di avviare una vera e propria campagna anticlericale: «Faremo proselitismo con un’azione informativa della scelta “politica” adottata nei confronti di Reggio Calabria, dei suoi fedeli e della sua diocesi perché non venga in Comune ed in Provincia di Reggio Calabria versato l’8 x 1000 alla Chiesa Cattolica».
La lettera ha quindi fatto il giro delle redazioni diventando anche virale e comportando una nota di replica, non già della Curia, ma da parte del Partito democratico che prova a stare in equilibrio nella delicata faccenda. D’altra parte dicendosi convinti che il Seminario arcivescovile rappresenti una risorsa importante per la nostra città, i dem affermano: «Siamo convinti che la politica non debba e non possa interferire con le scelte e le decisioni che la Chiesa assume a tutti i suoi livelli e che, travalicare tale confine, rappresenterebbe una grave ed inopportuna ingerenza. Non possiamo, però, non esprimere preoccupazione per il rischio di depauperamento socio culturale della diocesi».
La questione come accennato è entrata anche in Consiglio comunale con due posizioni palesate durante i preliminari della seduta. Da una parte il capogruppo meloniano Demetrio Marino, e dall’altra il sindaco Giuseppe Falcomatà. Da parte sua Marino si è personalmente e pubblicamente scusato con Mons. Morrone, per le parole della Cedro. «Le mie sono sincere scuse per le parole e i toni usati dalla coordinatrice cittadina. Riconosco l’importanza del dialogo e del confronto reciproco. Penso che Reggio debba stringersi attorno a questi problemi e non ampliare il distacco all’interno della comunità».
Un appello in qualche modo replicato anche da Falcomatà che ha inteso dare «la personale vicinanza e solidarietà e di tutto il Consiglio comunale nei confronti del nostro vescovo, perché sembra strano ma anche su questa vicenda come avete avuto modo di notare si è sulla polemica politica strumentale, rispetto a una cosa che invece ci deve vedere uniti, nel rispetto delle competenze di ognuno. Perché poi, è chiaro che l'autonomia ecclesiastica l'autonomia delle scelte decisionali è un altro aspetto, ma da rappresentanti politici sicuramente dovremmo porre l'attenzione su una decisione che non solo non può spogliare la città di un presidio storicamente importante come abbiamo detto ma deve farci riflettere e ragionare insieme su quali percorsi di sviluppo futuro può avere la città».
Nasce il Comitato… propositivo
Negli ultimi giorni però un gruppo composito di cittadini – tra cui l’ex sindacalista Nuccio Azzarà, Adriana Musella già presidente della Commissione Antimafia e l’editore Eduardo Lamberti Castronuovo – hanno messo in piedi un’assemblea pubblica dalla quale è nato il “Comitato popolare a tutela del Seminario Pio XI” che ha raccolto una diffusa sensibilità sul tema, chiarendo sin da subito l’apoliticità del nuovo soggetto proprio perché, a detta di tutti, «la politica ha fallito», intervenendo a cose ormai fatte. Il Comitato intende capire cosa si può fare - «non siamo contro nessuno ma siamo a favore della città» ripetono – promettendo di formulare anche proposte in termini di salvaguardia del Seminario. Per loro del resto, la spoliazione dello stesso è cominciata da tempo, già con la chiusura dei seminari di Locri, Oppido e Mileto per convogliarli su Catanzaro, «quasi a costituire una precondizione», sostengono dal Comitato. È stata insomma avvertita dai componenti quasi una strategia tesa a far passare la cosa in sordina e indolore, rendendola nota a fatto compiuto.
E tuttavia la riunione si è sciolta senza barricate, proprio perché viste le diverse sensibilità al suo interno, appropinquandoci alla quaresima si è pensato di rendere la protesta «più dialogativa all’interno e all’esterno delle parrocchie, magari raccogliendo firme e poi si valuterà tutti insieme sempre nell’ambito di qualcosa di elegantemente propositivo». Anche se non si esclude al momento di organizzare una manifestazione vera e propria forse da fare combaciare con la Pasqua per l’alto valore simbolico della “battaglia” che punta ad una rinascita dell’Istituto di via Pio XI.