Una buona congiunzione astrale, incrociando scaramanticamente le dita, potrebbe portare finalmente alla riqualificazione del ghetto rom di contrada Scordovillo a Lamezia Terme. Il luogo fa parte dei cosiddetti “siti orfani” individuati dal ministero dell’Ambiente già nel 2020, essendo un’area potenzialmente contaminata «per il quale il responsabile dell’inquinamento non è individuabile o non provvede agli adempimenti» previsti dalla legge. Non solo. Scordovillo, nel panorama italiano dei luoghi da bonificare con fondi Pnrr, rappresenta un unicum perché accanto all’emergenza ambientale esiste una non indifferente emergenza sociale.

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Emergenza sociale e ambientale

A stretto contatto con una discarica a cielo aperto di rifiuti speciali – scarti di automobili, elettrodomestici e quant’altro – sopravvive da oltre cinquanta anni una comunità rom stipata in baracche tirate su con materiali di fortuna. Naturalmente le baracche non sono collettate alla rete fognaria e i liquami vengono incanalati oltre il terrapieno della ferrovia dove si trova l’ospedale cittadino. Al nosocomio e ai palazzi vicini sono arrivati, nel corso degli anni, i fumi tossici frutto di roghi sistematici e maleodoranti che hanno costretto, in più occasioni, i vari reparti, compreso il blocco operatorio, a sostituire i filtri dell’aria. Una convivenza impossibile e dannosa.

I report sul disastro ambientale e i progetti rimasti sulla carta

I report stilati dalla Procura di Lamezia Terme, guidata da Salvatore Curcio, hanno messo nero su bianco la gravità della situazione. Le consulenze chimico tossicologiche volute dal procuratore hanno rilevato un pesante inquinamento dell’aria e del suolo. Nel 2016 i carabinieri hanno condotto una importante operazione nei confronti di alcuni dimoranti nel campo rom ritenuti responsabili di plurimi incendi di rifiuti speciali pericolosi. Il gip parla di «inquietante impatto ambientale». Dall’analisi chimica di un campione di terreno superficiale è emersa la presenza di concentrazioni superiori ai limiti di legge di metalli pesanti (antimonio, cadmio, piombo, rame, zinco), idrocarburi pesanti, «che dimostrano, in maniera univoca, il rilascio di elementi tossici nella matrice suolo, con elevato rischio di inquinamento anche delle acque sotterranee». A giugno 2018 c’è stata una nuova operazione.

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Le amministrazioni, ogni volta, hanno sempre promesso stanziamenti di denaro, progetti, financo la realizzazione di alloggi per cittadini rom per l’importo di 700mila euro. Non si è mai mosso un sasso. Nel 2021 gli investigatori non possono che constatare: «… considerata l’assenza di interventi concreti, permane quello stato di precarietà ed irregolarità diffusa già evidenziato all’atto del sopralluogo eseguito nel maggio del 1995, che si riporta, aggravato da ulteriori 25 anni di espansione ed edilizia incontrollata…». Un solo dato è cambiato: dal 2011 gli abitanti del ghetto sono passati da circa 800 ai 411 del 2024.

Una congiunzione favorevole

Scordovillo è diventata così una priorità ministeriale: per il sito sono previsti otto milioni di intervento per una bonifica da effettuarsi entro il 2026. A vigilare su questo aspetto c’è il commissario nominato dal governo, il generale Giuseppe Vadalà.

Per bonificare è necessario liberare l’area. È qui che nasce la congiunzione astrale favorevole. Nel ghetto vivono 96 famiglie per un totale di 411 anime. Per bonificare e sgomberare è stato creato un tavolo al quale siede lo Stato – rappresentato dalla Prefettura e dal commissario Vadalà – la Regione Calabria, la Procura di Lamezia Terme e il Comune di Lamezia. Tra l’altro la Regione ha cooptato tre dipartimenti per dare seguito all’opera: Infrastrutture, Welfare e Ambiente.

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Il bando

A breve la Regione emanerà un bando per individuare gli operatori – cooperative, associazioni et similia – che dovranno accompagnare i nuclei familiari nel percorso di sgombero del campo rom. «Si sta lavorando per individuare immobili e modalità», ci dice l’assessore comunale all’urbanistica Francesco Stella. La ricollocazione delle famiglie non avverrà necessariamente nel comune di Lamezia. È ancora prematuro fare proclami ma, teoricamente, «non vi è un confine territoriale».

Secondo la road map – che deve imprescindibilmente portare alla bonifica entro il 2026 o verranno persi i fondi del Pnrr – la liberazione dell’area dovrebbe avvenire per fine estate, inizio dell’autunno. «Speriamo, speriamo», dicono al Comune, che è soggetto attuatore e ci va coi piedi di piombo visto anche ancora non è partito il bando regionale.

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Rigenerazione e riqualificazione

Il progetto, sulla carta, rappresenta tutto quello che la città aspetta da decenni: rigenerazione e riqualificazione. «Cerchiamo di imparare dagli errori – dice l’assessore Stella – per fare in modo che edilizia sociale non diventi sinonimo di degrado». Per evitare, insomma, che le residenze che sorgeranno – destinate a quelle famiglie che nel frattempo non si saranno stabilizzate altrove – non si trasformino in una nuova Ciampa di Cavallo, l’agglomerato edilizio nel quale vive, e in qualche caso delinque, una fetta della comunità rom.

L’assessore spiega che sorgerà un nodo stradale che si andrà ad unire a quello esistente. È previsto anche un nuovo sottopasso ferroviario e, una volta bonificata, l’area sarà dotata di strutture sportive e di un parco. «Per la prima volta, con la presenza di tanti soggetti sullo stesso progetto – afferma Stella – si sta seguendo la strada giusta».

I soldi per realizzare la riqualificazione saranno fondi comunitari che garantirà la Regione, mentre il Comune sarà soggetto attuatore. Tutte le componenti istituzionali coinvolte sembrano ben sperare. Dopo decenni di promesse infrante non resta che incrociare le dita.