«Informatevi, studiate, confrontiamoci. Domani potrebbe essere troppo tardi». È questo l’appello che il vescovo della Diocesi di Cassano all’Ionio, monsignor Francesco Savino lancia al popolo calabrese. Il tema è quello dell’autonomia differenziata sulla quale dalla Chiesa si sta levando un coro di critiche, ribadite ultimamente anche dalla Conferenza Episcopale Calabrese. Ne abbiamo parlato con il vescovo Savino, vicepresidente per l'Italia meridionale della Cei, uno dei primi ad esprimersi con nettezza contro il provvedimento.

Monsignore perché non le piace il Ddl Calderoli?
«Per varie ragioni, vi intravedo il pericolo di una disgregazione dell’Unità d’Italia, principio fondante della nostra Costituzione. Una divisione che non può che aumentare i divari fra le varie parti del Paese. Condivido l’analisi fatta da Gianfranco Viesti dello Svimez che parla di una secessione dei ricchi. Può sembrare una immagine forte, ma 23 materie delegate dallo Stato alle Regioni non consentirà a tutti di avere le stesse possibilità»

A cosa pensa in particolare?
«Penso alla scuola o alla sanità. L’idea di trattenere sul proprio territorio il proprio gettito fiscale è evidente che darà una marcia in più alle regioni ricche e più di un ostacolo a quelle con il Pil più basso».

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Qualcuno lo definisce un argomento pretestuoso, il solito Sud piagnone…
«Questo processo non nasce oggi, bensì è dalla riforma del titolo V della Costituzione che la politica ha avviato questa “delocalizzazione” dei poteri. Purtroppo del fenomeno abbiamo esempi concreti come la sanità. Mi chiedo da calabrese qual è, dopo tutti questi anni, lo stato di salute della nostra sanità, se è in grado di rispondere alle istanze di salute dei calabresi. La risposta è facile…»

La Lega dice che invece sarà un’opportunità per colmare i gap fra le varie regioni.
«Per colmare i gap bisogna dare a tutti le stesse possibilità. L’articolo 3 del Ddl Calderoli prevede i famosi Lep (livelli essenziali delle prestazioni) che sono il Cavallo di troia di questa vicenda. Vanno definiti, ma prima ancora devono avere un fondamento economico/finanziario che al momento non c’è. Per questo condivido le parole di Viesti».

E quindi le popolazioni meridionali cosa dovrebbero fare?
«Noi dobbiamo abbandonare l’assistenzialismo, diventare protagonisti del nostro destino. Mi piace parlare di un Sud che faccia partire processi di un nuovo protagonismo, di una sorta di rinascimento meridionale. Abbiamo bisogno di un Welfare nuovo e politiche sociali generative ovvero un welfare che sia in grado di rigenerare le risorse (già) disponibili, responsabilizzando le persone che ricevono aiuto, al fine di aumentare il rendimento degli interventi».

E con riferimento all’Autonomia differenziata?
«Dobbiamo agire adesso, quando la legge sarà approvata sarà troppo tardi. Dobbiamo scrollarci di dosso una certa apatia. Lo dico con grande amarezza ma spesso vedo il popolo calabrese rassegnato e fatalista, senza nessuna speranza in un riscatto futuro. Parlo per amore del mio popolo verso il quale ho una responsabilità assegnatami dalla Chiesa. Non faccio un discorso politico inteso come appartenenza a questo o quel partito. Faccio un discorso di politica con la P maiuscola intesa come partecipazione. Per questo sto avviando una serie di incontri di informazione e sensibilizzazione sul tema, perché le persone siano informate e in base a questo possano poi scegliere. Io amo molto questa immagine del popolo della beatitudine, cambiamo quello che non va nella società dal basso, con dolcezza, attraverso una rivoluzione mite, condannando ogni forma di violenza, cercando di essere cittadini consapevoli».

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Ma perché la Chiesa si interessa a questi temi? Avete nostalgia del potere temporale?
«Assolutamente no. Non parlo da esponente di un movimento politico, ognuno scelga di votare come meglio crede, non mi interessa quest’aspetto. Sono contro ogni forma di collateralismo, contro ogni forma di contaminazione con la politica, sono per la laicità della politica. Ma, come dice il profeta Isaia “per amore di Sion non tacerò…” dove Sion è appunto il popolo. Io per amore del mio popolo non posso tacere. C’è una legge? Studiamola, confrontiamoci e se c’è una ricaduta negativa per tanti ribelliamoci con dolcezza»

I parlamentari meridionali non sembrano pensarla così…
«45 senatori del Sud hanno votato il Ddl Calderoli e si sono assunti le loro responsabilità. Io sono per un popolo che matura una coscienza collettiva, sono contro i cortigiani del potere. Non possiamo stare zitti contro una legge iniqua. Mi verrebbe da fare due citazioni…».

Prego…
«La prima è don Lorenzo Milani “Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diversi”. La seconda è laica, è George Orwell che nel suo "La fattoria degli animali” scrive metaforicamente che tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri. Questo è inconcepibile per una democrazia matura come la nostra».

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Adesso il Ddl è all’esame della Camera. Che appello fa ai deputati meridionali?
«Rivolgo un appello ai deputati meridionali, ai Governatori delle regioni del Sud, ai consiglieri regionali, ai sindaci.. per favore fermatevi, confrontiamoci, ascoltate il grido di qualche cittadino che con umiltà e per amore del suo popolo sta attivando processi di formazione e sensibilizzazione su un tema così centrale. Fermatevi siete ancora in tempo».

Eppure i nostri politici sembrano non ascoltare o non capire…
«Non penso sia così, se lo fosse mi viene il dubbio che in una situazione così frammentata e confusa c’è bisogno di un uomo forte al comando».