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PAOLA - Bocche cucite al termine della Conferenza episcopale riunitasi in seduta straordinaria nel Santuario di Paola. I vescovi calabresi hanno poca voglia di parlare. L’unica, stringata, dichiarazione, l’ha rilascia a margine dell’assemblea l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano Salvatore Nunnari. “La linea dei vescovi calabresi – ha detto il presidente della Conferenza episcopale calabrese – è lotta senza quartiere alla ‘ndrangheta”. Il resto è affidato ad una lunga nota stampa nella quale si ribadisce che la ‘ndrangheta è negazione del Vangelo e, soprattutto, che sono indispensabili regolamenti più incisivi che prevedano preparazione remota e prossima ai gesti che si compiranno. In pratica formazione cristiana vera e permanente. Tante enunciazioni, ma di pragmatico poco o nulla.
Linee guida contro le infiltrazioni. Si dice che arriveranno linee guida condivise da tutte le diocesi e che sarà materialmente una commissione ristretta ad elaborare il testo con le proposte da sottoporre al collegio episcopale regionale. “L'orologio della storia – scrivono i vescovi nel documento finale - segna l'ora in cui, per la Chiesa, non è più solo questione di parlare di Cristo, quanto piuttosto di essere testimoni credibili di Cristo. I vescovi calabresi sono convinti dell'urgenza di un intervento ancora più chiaro e deciso" essere testimoni credibili di Cristo. "Ciò - prosegue il documento - dà ancor più forza al monito del Santo Padre: la mafia non ha nulla di cristiano ed è dunque fuori dal Vangelo, dal cristianesimo, dalla Chiesa. Nella Nota pastorale troveranno spazio indicazioni concrete che accompagnano scelte e prassi pastorali. Sono indispensabili regolamenti più incisivi che prevedano preparazione remota e prossima ai gesti che si compiranno, soprattutto prevedano una formazione cristiana vera e permanente. E' stata espressa con ferma chiarezza condanna assoluta della 'ndrangheta e di ogni altra organizzazione che si opponga ai valori del Vangelo: rispetto per la vita, la dignità di ogni persona e l'impegno per il perseguimento del bene comune"
Decidono i vescovi. Si aggiunge che sul rischio di infiltrazioni mafiose nei riti religiosi e nelle processioni saranno i vescovi delle singole diocesi a decidere. "Occorre ribadire – si scrive nel documento conclusivo - che il Vescovo competente territorialmente, con i suoi organismi collegiali di partecipazione e corresponsabilità, è l'unico idoneo a valutare la realtà dei singoli fatti ed episodi. I vescovi della regione - prosegue il documento - sono determinati a darsi e a seguire criteri pastorali comuni, a partire dalla convinzione che la tradizione popolare è un tesoro da custodire e valorizzare come una genuina manifestazione di fede. Eventuali incrostazioni e deviazioni rischierebbero, se non rimosse di minarne l'autenticità. Le nostre diocesi hanno già discusso nei loro Sinodi, ovvero hanno inserito nei Piani pastorali, gli opportuni antidoti alle infiltrazioni criminali nelle genuine forme della devozione e pietà popolare. Bisogna continuare ad applicarli con tenacia, fin dal primo momento dell'adesione di fedeli a confraternite e organizzazioni di rocessioni popolari".
Solidarietà ai vescovi e ai preti. Nel documento non sono mancano le frecciate ai mezzi di comunicazioni e la solidarietà alle Chiese e ai loro pastori chiamati a rispondere, secondo i vescovi, a letture parziali e forvianti. Un passaggio che rischia di scatenare ulteriori polemiche soprattutto ora che il giornalista, Michele Albanese, collaboratore dell’Ansa e del Quotidiano del Sud dalla piana di Gioia Tauro, che coraggiosamente ha raccontato quanto avvenuto ad Oppido Mamertina, è sotto scorta. Per i Vescovi calabresi "l'atteggiamento pastorale che la Chiesa deve conservare e promuovere nei confronti di quanti appartengono a organizzazioni mafiose va collocato nel quadro di quanto Papa Francesco ha affermato nel corso della visita ai detenuti di Castrovillari. In quella circostanza - icordano - il Papa ha ribadito che il carcere, anche quello a cui si devono sottomettere i criminali e gli aderenti a organizzazioni illegali, viene irrogato dalla società allo scopo dell'effettivo reinserimento nella società. Ne consegue che come per qualsiasi peccatore, nei confronti anche di chi ha subito una condanna definitiva, la Chiesa deve svolgere la sua opera di accompagnamento verso la conversione. Dio, infatti, ha continuato Papa Francesco, mai condanna. Mai perdona soltanto, ma perdona e accompagna. Il Signore è un maestro di reinserimento: ci prende per mano e ci riporta nella comunità sociale. Il Signore sempre perdona, sempre accompagna, sempre comprende; a noi spetta lasciarci comprendere, lasciarci perdonare, lasciarci accompagnare. Ecco disegnato e definito il compito della Chiesa”.