I suoi scatti sono il ritratto di un altro mondo, di un’altra epoca dove imperano l’essenziale e l’irrinunciabile, tutto il resto sono inutili orpelli
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I suoi scatti sono quasi sempre immersi nella nebbia, sono un tuffo nel passato, dentro tutto quello che ormai è consumato, dentro le ceneri del tempo, protetti da porte che non aprirà mai più nessuno. Marasco fotografa il grigio, il silenzio, la fine. Ogni scatto in bianco e nero parla più dei più sgargianti colori, ma non sono foto che trasudano nostalgia per il tempo che è stato, sono il più bel racconto muto di tutto quello che è rimasto del tempo scaduto. E lui lo racconta in punta di scatto, in un cammino che non lascia impronte, attraversando il viale del tramonto di ogni cosa, senza fare rumore.
La forza delle foto in bianco e nero
Ed ecco perché è il fotografo del silenzio: perché le sue foto sono tutte calate nella penombra appena illuminata dalla luce della luna, o dai riflessi che provengono da un vecchio lampione lontano. Marasco non aggiunge mai nulla a quello che vede, anzi vorrebbe togliere: togliere tutto quello che c’è di troppo, di inutile. Ed ecco che le sue opere sono il ritratto di un altro mondo, di un’altra società, di un’altra epoca, dove imperavano l’essenziale e l’irrinunciabile, tutto il resto erano inutili orpelli, che Giovanni evita come la peste, e li ignora. Per dirla con Pasolini: «ciò che è stato, in silenzio, il mondo e ciò che sarà».
La sua fotografia è un’opera d’arte, rigorosamente in bianco e nero; è un ritratto di un grande pittore, come un film muto degli anni ‘20, un disco suonato da un grammofono.
Giovanni è il fotografo che ha immortalato l’ultimo eremita della Sila, Pasquale Talarico "Bettina" morto pochi anni fa all'età di 96 anni. Grande parte della sua lunga vita, “zio Pasquale” l'ha trascorsa nella pace, e lontano dai rumori del mondo, fra le splendide montagne della Sila Grande. Giovanni lo ha raggiunto e ha scattato alcune foto capolavoro. Di semplicità. Giovanni Marasco, calabrese di Castelsilano, ha raggiunto Roma diversi anni fa.
Il 9 dicembre è uscito The Dead, di Bob Salmieri, ispirato alla magnifica poesia di Ignazio Buttitta "Li morti". La fotografia è di Giovanni Marasco. Al pianoforte Andrea Alberti, Maurizio Perrone al contrabbasso e Giampaolo Scatozza alla batteria.
Le parole del critico Rossi
Nello Rossi critico e cultore fotografico, allievo e amico del grande Ando Gilardi, scrive di Marasco: «È una persona colta, detentrice di un sapere che sarebbe piaciuto molto a Ando Gilardi, e dotata di una qualità piuttosto rara: nelle sue fotografie si riconosce la mano dell'autore, il che significa che le sue belle interessanti e intelligenti immagini totalmente automatiche, come si è solito definire le ottiche, sanno conservare quella che io chiamo «la soggettività residua», una qualità difficile da definire ma semplice nella sostanza: quell'insieme di caratteristiche, lo "stile" se vogliamo, che permettono all'esperto di immagini manuali l'attribuzione di un'opera artistica».
Per molti anni Marasco ha vissuto nel suo paese natale, un suggestivo borgo in cima all’alto crotonese, dove spesso si rifugia per ripararsi dai danni di una società “moderna” che decisamente detesta.
Fotografo freelance, autodidatta, inizia dal 1990 a studiare i grandi maestri della fotografia e gli autori di critica fotografica nazionale e internazionale. Gestisce nei pressi di Roma, insieme con un collega, un laboratorio di fotografia analogica con sala posa e camera oscura. Ha esposto in numerose collettive e personali: Auditorium Parco della Musica di Roma, Castel Sant’Angelo in Roma; Galleria Regina Margherita in Roma; Palazzo Romei a San Giovanni in Fiore; Arles, Festival Internazionale della Fotografia.