Un fardello troppo pesante da reggere: 7 punti evidenziati dall’ultimo commissario straordinario più il macigno finale contenuto nel bilancio 2023 della Fondazione.

Il de profundis per Terina è arrivato, probabilmente inevitabile, per via burocratica perché politicamente l’eccellenza mai decollata nell’area industriale di Lamezia era già stata riposta in un cassetto. È Maria Antonella Cauteruccio a mettere nero su bianco i motivi per i quali Terina non può più andare avanti.

Innanzitutto c’è «la situazione debitoria che è si accumulata nel corso degli anni e, più di ogni altra cosa, il pignoramento avanzato dal Mur di cui si è dato conto». Quel pignoramento è legato al progetto Food@net, che avrebbe dovuto mettere Terina al centro della ricerca agroalimentare e invece ha preso polvere assieme ai macchinari (un tempo) ultra tecnologici acquistati e mai utilizzati. Un fallimento che ha costretto il Ministero dell’Università e della Ricerca a chiedere indietro i soldi del finanziamento.

Seconda questione: «La sperequata dotazione di personale non di ricerca che svolge funzioni non proprie della Fondazione (guardiania in primis)». Più vigilanti che ricercatori, insomma: un paradosso all’italiana che ha segnato il destino di un ente che in queste condizioni non può (e non potrà più) fare ricerca.

Nello stesso filone si inserisce «l’assenza di un direttore con funzioni tecniche e di management e di un responsabile della Ricerca con qualifica di ricercatore di livello unitario». Senza personale qualificato non si potrebbe comunque mettere mano ai laboratori ma, come se non bastasse, Cauteruccio segnala «la mancanza di domanda di servizi di ricerca sia da parte di soggetti pubblici che dal mondo imprenditoriale, a causa dello Statuto che prevede che la Fondazione sia a esclusivo servizio del socio unico», cioè la Regione Calabria. Se i ricercatori sono pochi, l’ex commissario straordinario evidenzia comunque la loro «non elevata qualificazione». E poi anche «l’indisponibilità di risorse per la manutenzione ordinaria delle attrezzature e dei locali».

Chiude un quadro drammatico «la difficoltà di configurare stabilmente l’attività di ricerca e di trasferimento tecnologico tramite rapporti strutturati, in termini anche contrattuali e di mercato, con un numero sufficiente di istituzioni e di imprese». Niente personale, niente commesse possibili, debiti: impossibile andare avanti così, «l’estinzione della Fondazione ai sensi della normativa vigente appare la strada più praticabile per le sorti dell’ente».

La pietra tombale arriva dal Bilancio 2023 della Fondazione che «ha evidenziato una situazione patrimoniale e finanziaria gravemente compromessa. L’evidenza – si legge nella nota che “chiude” Terina – viene fornita dal netto patrimoniale fortemente negativo, da un risultato gestionale in perdita economica e da una situazione finanziaria di forte squilibrio per l’esposizione verso l’Agente nazionale della riscossione e verso l’Agenzia delle Entrate». Il revisore dei conti, nella relazione al Bilancio, dichiara infatti «che i dati patrimoniali ed economici evidenziano gravi indizi che sollevano “dubbi significativi sulla capacità della Società di mantenere la continuità aziendale”». Questione di numeri o questione politica? Quale che sia la risposta per l’eccellenza rimasta sulla carta c’era solo una via d’uscita: l’estinzione.