«Ho 33 anni e quello che posso dire è che ad un certo punto della vita c'è la voglia e l'euforia di mettere impegno e dedizione in favore del nostro territorio. Però bisogna essere molto bravi a mantenere attiva ed accesa la passione che è dentro di noi». Francesca Garofalo non ha voluto lasciare la Calabria, la sua terra, la montagna. Ed è orgogliosa dei risultati e di quanto ottenuto fra mille sacrifici e rinunce.

Hanno deciso di rimanere, lei e il fratello Emilio, con la famiglia nell’azienda agricola del papà Pietro Garofalo. Siamo in Contrada Pallone, comune di Marzi, in un’area immersa nella bellezza di monti e boschi che offrono la visione di paesaggi mozzafiato. Qui i due giovani fratelli sono pienamente impegnati per il territorio, per la Calabria, felici di avere fatto questa scelta. «Se non mettiamo impegno a restare curiosi, con la voglia di crescere e di imparare è normale che l'unica soluzione è quella di andare via».

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Una tentazione che c’è stata, perché è facile andare dove tutto è più semplice, dove ci sono ottimi servizi e infrastrutture. «Anch'io - dice Francesca - spesso mi alzo dal letto e penso di andarmene via perché qui in Calabria l'agricoltura non è come in Emilia Romagna. Qui, nei paesi interni della Sila, i servizi che ci sono nelle città non esistono».

Sì, è facile pensare di andare via. Ma poi… «Poi però penso che se vogliamo cambiare il racconto della Calabria, dobbiamo essere noi per primi (che ci abitiamo) a "scrivere" in modo diverso la storia della nostra terra. E allora poi, durante la giornata, cambio la visione del pensiero che faccio al mattino».

Già, il racconto della nostra terra, spesso inadeguato, altre volte lontano dalla realtà: «A volte, penso che noi che ci battiamo per riscrivere un racconto diverso della Calabria, siamo come furono i Briganti. Ci teniamo davvero alla nostra terra. Tu sei tra i primi, altrimenti non faresti questo lavoro, non ci riusciresti o comunque lo faresti pure, ma ti verrebbe malissimo».

E poi Francesca punta il dito contro il nemico più cattivo, l’indifferenza: «Lasciamolo un segno su questa terra, facciamo qualcosa, ma l'importante è non restare indifferenti, inermi, piatti, fermi. Solo a pensarci mi manca l'aria».

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Scriveva Masanuobo Fukuoka: "L'obiettivo finale dell'agricoltura non è la coltivazione dei raccolti, ma la coltivazione e la perfezione degli esseri umani". E Francesca ha cercato la perfezione nella sua terra, fra i castagni, nell'orto bio sinergico, una coltivazione che promuove meccanismi di auto-fertilità del terreno, ottima pur non trovando riscontro nell'attuale mercato agricolo. Di recente Francesca e il fratello con il quale condivide l’amore per la terra e la natura, è rimasta affascinata dalla struggente storia d'amore tra Krokus e Smilace, fino a provare la coltivazione dello zafferano con un piccolo impianto di 2500 bulbi e tanto timore di non fare la cosa giusta.

A Francesca ed Emilio piace mettersi in gioco, provare cose nuove cose, non fermarsi mai. «In Calabria, nonostante tutto, queste sfide sono possibili. Ma occorre coraggio e determinazione. E soprattutto non fermarsi mai».