Reperti archeologici consegnano la storia inedita di una civiltà del vino che meriterebbe studi approfonditi. Al Vinitaly ieri il convegno “Dove tutto è cominciato” che ha visto la partecipazione del presidente Occhiuto
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“Dove tutto è cominciato”: è questo il titolo del convegno andato in scena ieri nel corso della 56esima edizione del Vinitaly a Verona. Un incontro che ha raccontato una Calabria inedita, una terra da scoprire, una realtà che molto spesso è sconosciuta anche a chi avrebbe il dovere di conoscerla, come i calabresi stessi.
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Un incentivo a studiare e a preservare quelle radici storico culturali che ci portano molto indietro nel tempo e che probabilmente raccontano una narrativa storica, che potrebbe capovolgere alcuni caposaldi fino ad oggi portati avanti e che, vedrebbero nel periodo dell’Enotria una nuova narrazione storica della Calabria. A intervenire anche Filippo Demma, Direttore musei Calabria e Parco Archeologico di Sibari e Crotone che ha fatto accenno agli scavi che hanno portato alla luce dei reperti risalenti all’antica Enotria e che ha parlato di valorizzare le eccellenze della nostra terra legandole alla meraviglia archeologica e storica dei nostri parchi. Un connubio sicuramente vincente, che la regione Calabria e l’assessore Gallo stanno sposando e promuovendo.
Il convegno ha avuto il pregio di far emergere la necessità di muoversi su una nuova linea identitaria e storico-culturale che si snoda tra reperti archeologici che raccontano una nuova narrativa legata indissolubilmente al mondo della vitivinicultura, dell’enogastronomia, dell’agroalimentare e dell’agricoltura. Tutti elementi che si legano a storie umane, migrazioni, e narrazioni e che parlano di “contaminazioni” che hanno arricchito il patrimonio della nostra regione.
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Il presidente Occhiuto entusiasta dell’incontro non ha nascosto il desiderio di voler approfondire l’argomento, avendo intuito l’importanza di legare la storia alle eccellenze calabre, così come l’intervento dell’assessore Gallo, che ha anticipato un progetto che vedrà la presenza del Vinitaly anche in Calabria e che sarà contestualizzato nella splendida cornice del Parco archeologico di Sibari.
La scintilla è nata dallo studio portato avanti per anni dal saggista e giornalista Massimo Tigani Sava. Approfondendo l’argomento che parla di radici storiche, culturali e identitarie dell’agroalimentare, della vitivinicultura e dell’enogastronomia in Calabria e nel Mezzogiorno d’Italia, per Tigani Sava «questo Vinitaly può rappresentare una svolta nella storia della vitivinicultura calabrese non solo in termini organizzativi e di restyling, ma anche perché molto probabilmente ci incanaliamo su quello che è il valore aggiunto e importante del vino calabrese. Dobbiamo recuperare appieno le nostre radici storiche e identitarie».
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Basti osservare non molto lontano al padiglione della Sardegna dove lo slogan è "noi siamo sardi", per comprendere che siamo in linea con il percorso che un po' tutta l'Italia sta cercando di fare, perché le radici sono fondamentali in un mondo globalizzato dove c'è la necessità di distinguersi.
In questo specifico caso, legato al Vinitaly, emerge che ci si può distinguere, senza tralasciare l'eccellenza della nostra produzione vitivinicola, tramite il nostro valore aggiunto che è la storia raccontata attraverso i nostri reperti archeologici.
Dice il saggista e giornalista: «Per troppo tempo abbiamo associato la produzione vitivinicola calabrese alla dimensione magnogreca della Calabria. Questo è stato un errore di tipo storico e culturale. Noi siamo enotri ed è questo a cui dobbiamo puntare». Diventa perciò necessario valorizzare non solo le peculiarità vitivinicole, agroalimentari, agricole e turistiche della nostra regione, ma anche riscoprire le radici storiche che sono il quid plurische potrebbe fare la differenza.Una nuova narrazione che merita più studio, attenzione, promozione.