«Le condotte attribuite al sottotenente Striano, al di là degli eventuali accertamenti investigativi, mi paiono difficilmente compatibili con logiche di deviazione individuale: è una valutazione mia, ma in passato ho avuto esperienza diretta, anche come vittima, di dossieraggi abusivi. Non mi pare insomma l'iniziativa di un singolo ufficiale, ipoteticamente infedele. In ogni caso, elemento centrale dell'inchiesta del collega Cantone sarà proprio la definizione della figura e del sistema di relazioni di Striano». È grave l’ipotesi di Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nel corso dell'audizione davanti alla commissione antimafia sul caso del presunto dossieraggio che ha scosso la politica (e non solo).

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L’inchiesta della Procura di Perugia, «che – dice il magistrato – non è l’unica» potrà aiutare a chiarire meglio il quadro. Di certo, e questa ipotesi è altrettanto inquietante, per Melillo «c’è un mercato di informazioni riservate, si tratta di capire se regolato da casualità e da un numero infinito di attori non collegati tra loro, frutto magari solo della debolezza dei sistemi digitali che le contengono, o se ci sono logiche più sofisticate e ampie».

Il capo della Procura nazionale antimafia dice poi di aver avuto «un solo colloquio con il sottotenente Striano», il 22 agosto 2022. Quel colloquio «durò pochi minuti, e terminò con la mia richiesta di ricevere da lui un appunto riservato con l'indicazione di problemi e proposte. Nell'appunto arrivatomi pochi giorni dopo Striano proponeva di rafforzare la posizione dell'ufficiale più alto in grado del Gruppo Sos, cioè lui, e proponeva di affidarne il coordinamento a un solo magistrato. Abbastanza per confermarmi nelle necessità di procedere ad una riorganizzazione complessiva del sistema».

Melillo spiega di aver «chiesto di essere ascoltato affinché vengano colti i fatti e i problemi, e per allontanare il pericolo di disinformazione, di speculazione e di letture strumentali di vicende che riguardano delicate funzioni statuali».

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«Per tacere delle punte di scomposta polemica - ha proseguito Melillo - che sembrano mirare non ad analizzare la realtà e contribuire alla sua comprensione e all’avanzamento degli equilibri del sistema, ma ad incrinare l’immagine dell’ufficio e a delegittimare l’idea di istituzioni neutrali come la Procura nazionale antimafia e magari anche la Banca d’Italia».

Il magistrato ha poi evidenziato che «dal punto di vista politico c'è quasi una convergenza di tutti gli accessi verso una determinata area politica che era quella che andava formando l'attuale maggioranza e il Governo».

In effetti molti presunti accessi abusivi hanno riguardato politici appartenenti al centrodestra: anche in Calabria, dove sono stati carpiti, tra gli altri, i dati del governatore Roberto Occhiuto, di suo fratello Mario, parlamentare di Forza Italia, di esponenti della Lega come Domenico Furgiuele (deputato) e Pietro Raso (consigliere regionale).

Il caso è tutt’altro che chiuso: Salvini, prendendo spunto dalle considerazioni di Melillo sull’indirizzo politico dei presunti dossier, ha chiesto che vengano «fuori i nomi dei mandanti che non sono a basso livello, ma di medio e alto livello».