C’è così tanta passione nel racconto di ciò che fa con i suoi ragazzi da contagiare anche chi non ha mai condiviso un’aula di scuola con lui. Mentre parla di raggi cosmici e palloni sonda lanciati nella stratosfera è inevitabile pensare che sì, trovarsi un professore così seduto in cattedra è una vera fortuna. Perché un professore così in cattedra sale ma sa anche scenderne per mettere la materia di studio nelle mani degli studenti, trasmettere il suo stesso amore e fare di quell’ora trascorsa insieme in classe qualcosa di più di una semplice lezione: il piccolo tratto di un grande cammino da percorrere insieme. E anche se non è questa la motivazione ufficiale che ha spinto la giuria del Premio Atlante – Italian Teacher Award a selezionarlo tra gli insegnanti migliori d’Italia, dietro c’è proprio tutto questo. Perché se Domenico Liguori – Mimmo come lo chiamano nella sua Cariati – non fosse il professore spaziale che invece è, forse neanche quel progetto che lo spazio lo ha portato tra i banchi di scuola e che gli è valso una menzione speciale avrebbe mai visto la luce.

Docente di matematica e fisica al liceo scientifico Patrizi della cittadina del Basso Ionio cosentino, la sua «dote più straordinaria», come racconta chi dalle sue lezioni è passato, «è quella di trasmettere ai suoi alunni la passione per la materia».

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Il progetto MoCRiS 2

Il progetto MoCRiS 2 – che segue il precedente MoCRiS 1 – nasce proprio da qui. Da una filosofia d’insegnamento che rende lo studio (anche) condivisione. Il professor Liguori definisce il suo un «approccio sperimentale». È così, spiega, che riesce ad avvicinare alla fisica anche i ragazzi a essa più refrattari. «Questo progetto è un risultato didattico importante – sottolinea –. Gli alunni sono stati coinvolti prima in un percorso preliminare e poi nella vera e propria progettazione. Per loro è entusiasmante perché toccano con mano quello che studiano, lo vedono attraverso i protagonisti della scienza».

A giugno scorso, gli studenti delle classi quarta e quinta A del liceo di Cariati, coordinati dal professore, hanno lanciato dallo stadio di Paola un pallone sonda nella stratosfera, facendolo volare a quota 33mila metri con lo scopo di rilevare e misurare i raggi cosmici.

Tutto ha inizio nel 2018, grazie a un incontro durante le vacanze estive in riva allo Ionio con il professore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Roma Valerio Bocci. Da lì il coinvolgimento di Antonino Brosio, ingegnere e fondatore dell’AB Project Space, azienda calabrese leader italiana nella fornitura di materiale per i lanci di palloni sonda. «Abbiamo messo insieme le competenze e le forze e dato il via a una bella collaborazione», ricorda Liguori.

I ragazzi non ci hanno messo molto a sentirsi anche loro parte attiva del progetto. Che ha permesso di interconnettere tra loro, in un modo che strizza l’occhio alla pratica universitaria, realtà non sempre vicine: «Siamo riusciti a unire mondo della scuola, azienda e ricerca».

Ma il progetto non è valido solo dal punto di vista esperienziale. «Ha un grande valore scientifico – evidenzia il professor Liguori –, i risultati sono finiti in pubblicazioni su riviste di settore, sono stati oggetto di relazioni a congressi nazionali come quello della Società italiana di Fisica a cui ho partecipato a Milano. Abbiamo anche ricevuto un premio al Cern di Ginevra. Inoltre collaboriamo con Ocra (Outreach Cosmic Ray Activities, ndr), una sorta di contenitore interno all’Infn che si occupa della divulgazione scientifica riguardante le attività di studio sui raggi cosmici: all’interno di questo percorso il nostro progetto ha fatto il giro del mondo».

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La scienza a portata di mano

Fare scuola così, uscendo dal seminato dei programmi standard, si può. Senza perdere nulla in termini di nozioni e competenze da portare in dote fuori dal liceo, guadagnandone in passione che può fare da stella polare per le scelte del futuro. «Il progetto lo abbiamo portato avanti nelle ore extracurriculari, ma non è avulso dai programmi didattici», spiega Liguori.

C’è l’attività in aula, quella in laboratorio e quella sul campo. Ma sono tutte legate le une alle altre. È questo «l’approccio sperimentale» che il professore ha reso suo metodo privilegiato d’insegnamento. Ma alla base di tutto c’è un’attitudine, un modo di intendere e vivere la scuola. «Facciamo molta attività laboratoriale ma avere un approccio sperimentale non vuol dire stare necessariamente in laboratorio. Anche alla lavagna si può avere un approccio di questo tipo, cercando di incuriosire i ragazzi, presentando loro idee che vanno contro il senso comune, spingendoli alla ricerca. Certo, lo studio in laboratorio, laddove possibile, è da privilegiare. Ma pure qui, spesso per incuriosire i ragazzi non sono necessarie strumentazioni sofisticate, la soluzione migliore è utilizzare cose semplici, che consentano di “costruire” lo strumento. Lo smartphone per esempio, che i ragazzi maneggiano tutti i giorni, può essere utilizzato come strumento di misurazione».

Fare appassionare i ragazzi è una missione. Che spesso riesce così bene da valicare i confini delle aule scolastiche. «Ci sono stati diversi miei alunni che poi hanno deciso di dedicarsi alla fisica nel loro percorso di studi dopo il liceo. Una di loro è finita al Cern».

Una passione nata con Topolino

Per Domenico Liguori invece la prima fiammella si è accesa ben prima del liceo, ma solo al liceo è riuscito a darle un nome. «Ho sempre avuto interesse per le scienze in generale e in particolare per certi argomenti, poi ho scoperto che tutto questo si chiama fisica». Ma prima dei libri scolastici è arrivato Topolino: l’incontro folgorante è avvenuto infatti tra le pagine dei fumetti: «Adoravo il personaggio di Archimede Pitagorico».

La scuola cambia

Il professore ha visto la scuola cambiare. «Da una parte in meglio – dice – perché oggi ci sono tante possibilità che un tempo non c’erano. Ma è peggiorata la credibilità del sistema scuola, c’è una tendenza alla non autorevolezza della cultura». Ma è una tendenza che si può invertire. Guardando alla cultura come un unico universo fatto di galassie differenti ma non ostili tra loro: «Credo che sia necessario dare la giusta importanza alla cultura scientifica andando a limare la contrapposizione con quella umanistica. Per me è la sfida del futuro ed è ciò che farà la differenza: non è normale che si debba conoscere la Divina Commedia e non l’opera di Newton».

Nuovi progetti

E a proposito di futuro, cosa vede nel suo Domenico Liguori? Il filo conduttore è sempre lo stesso, anzi sono due: la fisica e i suoi ragazzi. L’anno che sta per aprirsi è un cantiere pieno di novità. Grazie ai fondi del Pnrr il suo approccio sperimentale potrà contare su una marcia in più. «A scuola abbiamo un osservatorio astronomico che sarà reso a controllo remoto, tutto automatizzato. In questo modo quando si verificherà un evento particolare il nostro telescopio verrà avvisato e punterà gli oggetti da osservare, fotografandoli e poi comunicando tutto via mail e sul telefono».

E anche nel 2024 proseguirà lo studio dei raggi cosmici. «I ragazzi del quinto anno allo scorso esame di stato hanno portato una relazione finale sul progetto MoCRiS che è stata molto apprezzata dalla commissione d’esame. La ricaduta didattica è stata notevole».

Il viaggio, dunque, continua. «Prevediamo di implementare sempre di più questo studio con strumenti nuovi sia per il monitoraggio ambientale, secondo gli obiettivi di Agenda 2030, sia per la rilevazione dei raggi cosmici in atmosfera e sotto il livello delle acque».

E forse il prossimo lancio nella stratosfera potrà fare a meno della trasferta Ionio-Tirreno. «Stiamo sperimentando un sistema innovativo per il recupero della sonda – racconta il professore – senza dover arrivare fino a Paola». Il futuro si costruisce anche così.