Caterina Alessio e Roberto Bossio, sono entrambi giovani ingegneri meccanici. Il loro futuro comincia in Calabria, si sposta in Europa, arriva addirittura in Giappone dove ora si trovano.

Tutto inizia all’università della Calabria, dove i due ragazzi si sono conosciuti durante il corso di laurea. E non fu un incontro banale.
Caterina Alessia ci aiuta ad approfondire: «Proprio così, eravamo colleghi al corso magistrale: abbiamo da subito cominciato a rimanere all’università per studiare insieme, abitudine poi consolidata e diventata insolitamente frequente!».

Poi i due ragazzi si sono trasferiti a Bruxelles. «È da agosto 2017 che viviamo a Leuven, una città universitaria a 20 minuti di treno da Bruxelles. Il nostro professore, relatore di entrambi, ci permise di portare avanti un lavoro di tesi in azienda».

Subito dopo ecco un internship in Toyota per Roberto e per Caterina in Siemens. «Esatto. Roberto in Toyota si occupava di studiare la maneggevolezza dei veicoli analizzando le sensazioni di guida dei piloti, io in Siemens simulavo la dinamica delle ruote dentate planetarie».

Tutto questo allora sembrava un salto nel vuoto. «Invece si è rivelato essere un’esperienza che ci ha cambiato la vita. È stata la base di tutto ciò che siamo riusciti a costruirci, tant’è che siamo ancora a Leuven, a lavorare per Toyota. Un’esperienza universitaria all’estero, ancora meglio se lavorativa, è qualcosa che consiglieremmo a chiunque».

Quindi per entrambi si comincia con Toyota.
«Dopo la tesi a Roberto venne proposto di rimanere nello stesso team, mentre io feci un colloquio. Da allora, Roberto si è occupato di simulazioni di dinamica del veicolo, rumore e vibrazioni, mentre ora si sta specializzando sulla simulazione termica dell’abitacolo e del pacco batterie. Io per i primi due anni ho progettato componenti dell’attuale Aygo, ora faccio ricerca su materiali e sistemi di produzione innovativi per le celle a combustibile a idrogeno e per le batterie. In più facciamo entrambi parte di gruppi per la promozione della diversità ed inclusività in azienda».

Ma l’avventura dei due ragazzi non finisce qui. «L’anno scorso ci è stato proposto di svolgere un incarico di un anno nella sede centrale, in Giappone».

La decisione di trasferirsi in Giappone non deve essere stata facile. Si trattava di cambiare radicalmente modello di vita, sebbene per un tempo definito ma poi chissà, e soprattutto di entrare nel cuore di una civiltà e di una cultura così lontane da quella europea. «In effetti c’era tanto su cui riflettere e tantissimo da organizzare: spostare una famiglia di tre persone, tra cui un bimbo piccolo, due carriere, non è una passeggiata. D’altra parte nella vita le esperienze più significative sono anche le più complesse: è la frase che ci ripetiamo a vicenda nei momenti di stanchezza».

Un cambio totale di cultura, lingua, mentalità. Roba da far tremare i polsi.
«In realtà è ciò che più di tutto desideriamo trarre da questa esperienza. Sperimentare una nuova vita in Belgio è stato arricchente, crediamo che lo sarà anche questo cambiamento in Giappone. Catapultarci in una cultura differente ci permette di mettere in discussione le convinzioni pregresse, allarga sempre più il campo delle possibilità. Inoltre lavorando in Toyota abbiamo già assaporato un po’ di cultura giapponese».

Ovviamente i ragazzi hanno conosciuto cose che agli occhi di un occidentale devono sembrare incomprensibili. Roberto lo dice chiaramente:
«Beh, è così. Quello che ci lascia sempre a bocca aperta è l’omotenashi, ossia la cultura dell’ospitalità, del rispetto dell’altro: in Toyota è previsto un training di due giorni su questo. Per esempio, un’abilità da acquisire è quella di intuire quando un sì significa sì, e quando significa “no, ma non sarebbe educato dirti no”».

Lo scorso febbraio è arrivato il piccolo Davide che è nato a Leuven, la città in Belgio dei due giovani ingegneri. Ora lui è già cittadino del mondo. Il papà non è preoccupato: «Per ora è a quota 2 passaporti! Comincerà presto un asilo internazionale. Da grande non ricorderà questa esperienza, ma speriamo che qualcosa resterà nella sua formazione ed attitudine».

Il piccolo potrà tornare in Italia quando e se i genitori decideranno:
«Per ora ci vediamo bene nella nostra città, Leuven. Amiamo la sua internazionalità (per esempio, nel mio corso di lingue eravamo 23 persone ma con ben 14 nazionalità diverse); la vivibilità (macchine quasi assenti, ci si muove per kilometri a piedi o in bici, tra tanto verde); l’attenzione alla sostenibilità ed alle famiglie (abbiamo ricevuto tanto supporto da neogenitori). Certo sul clima si potrebbe migliorare!».

Chissà come si vede e si ricorda la Calabria da tanto lontano? Caterina non ha dubbi:
«Come una terra bellissima: chiudendo gli occhi sento il calore del sole ed immagino il cielo azzurro, una terrazza che affaccia a strapiombo sul mare».
Questa loro esperienza giapponese, i due ingegneri calabresi l’hanno raccontata in collegamento diretto con Calabresi nel mondo, dagli studi di LaC dall’aeroporto di Lamezia.

Finita l’esperienza giapponese i due ingegneri torneranno nella cittadina belga dove hanno vissuto e lavorato prima del trasferimento in Giappone. Difficile il ritorno in Calabria, e non è nemmeno escluso che l’esperienza in Giappone non continui.
Da questa storia emerge chiaramente la capacità dei giovani calabresi di accettare qualsiasi sfida. Con coraggio e determinazione. Senza alcun timore. E in qualsiasi parte del mondo. E Caterina e Roberto lo stanno dimostrando.