Quello che si sta vivendo in questi giorni è frutto della classica “psicosi della guerra”: supermercati presi d’assalto per comprare farina, latte, pasta, olio (i beni di prima necessità) per la fobia di rimanerne senza, file chilometriche alle stazioni di rifornimento di benzina e gasolio. Tutto ciò ci dovrebbe far riflettere e non far prevalere il panico, ma indurre a riscoprire e mettere in pratica i metodi antichi di conservazione degli alimenti consentendo di mantenere inalterate il più a lungo possibile le provviste di casa.

Gli antichi metodi per conservare gli alimenti

Ed ecco un caso classico: la carne “n'cantarata”, ovvero la carne di maiale sotto il sale, usanza comune in tutta la Calabria. La procedura potrebbe sembrare complicata ma è molto semplice, così come fa vedere la signora Luisa Muoio, geometra di Cerisano, in provincia di Cosenza, con la passione per la cucina e le varie tradizioni, soprattutto quelle che sono state tramandate da sua nonna.

Basta prendere un “salaturi”, un contenitore di ceramica, molto usato in passato per la conservazione dei cibi e che oggi spesso vediamo come oggetto decorativo nelle nostre case, ma grazie al quale in passato le nonne e le mamme hanno portato avanti intere famiglie sfruttando anche i benefici del sale. E non è un caso che i popoli del Mediterraneo si possano proprio identificare con la storia del sale, alimento dai mille usi per via della mancanza dei moderni sistemi di refrigerazione.

La carne “n'cantarata” in particolare si prepara nel periodo in cui viene ucciso il maiale in casa, tra dicembre e gennaio: si scelgono i pezzi del maiale che si vogliono conservare, come costine, muscoli e soprattutto la cotenna (la pelle del maiale). Nel fondo del “salaturu” si metterà uno strato di sale grosso, le cotiche e vari pezzi di carne; ultimato il primo strato si coprirà con altro sale e si continuerà con altri strati di carne e cotiche con la stessa procedura del primo strato fino ad arrivare in superficie. Alla fine si coprirà il tutto con uno strato di sale grosso chiudendo il “salaturu” con il “timpagno”, un coperchio di legno, adagiando su di esso un peso (una pietra) in modo da tenere pressato il tutto.

Dopo pochi giorni in superficie si formerà uno strato d’acqua derivato dalla salamoia della carne, che non andrà mai eliminata perché è grazie ad essa che la carne si potrà conservare per vari mesi.

Quando poi si vorrà consumare un pezzo di carne, basterà aprire il coperchio senza eliminare l’acqua in superficie e prendere il pezzo di carne richiudendo il coperchio, la carne estratta si metterà a mollo sotto l’acqua per eliminare tutto il sale e la carne apparirà fresca come se fosse stata macellata in quell’istante, per poi cuocerla come meglio si crede.