Non è così lontana la Cina, basta una presa di sale in più, una in meno di zucchero. «Ai cinesi piacciono i piatti molto saporiti, possiamo dire che c’è una certa affinità con la Calabria perché loro amano moltissimo il piccante». A parlare è Paolo Dodaro, uno degli chef più popolari d’Asia. Dopo aver vinto Masterchef Cina nel 2016, in una puntata che ha registrato un ascolto stellare, a cui aveva partecipato quasi per caso, è diventato un po’ il Carlo Cracco del continente rosso. Calabrese (suo padre è originario di Roccelletta di Borgia in provincia di Catanzaro, sua madre è pugliese), nato a Rho e cresciuto in Calabria, Dodaro è davvero un cittadino del mondo.

Il duro lockdown cinese

Se la sua passione per la cucina è germogliata in famiglia, il talento l’ha portato ovunque: Dubai, Germania, Stati Uniti e poi la grande Cina. Ora vive a Shanghai e proprio in questo momento racconta di come quest’ultimo, durissimo lockdown, imposto dalle autorità cinesi, lo abbia piegato ma non spezzato. «Stavo lavorando alla riapertura del mio ristorante – racconta – quando abbiamo appreso che stavano per chiuderci di nuovo. Inizialmente pensavo che non sarebbe durata a lungo questa quarantena e invece da più di un mese siamo così. È dura. Solo negli ultimi giorni possiamo uscire a prendere un po’ d’aria. Qui hanno molta paura che possa verificarsi di nuovo quell’ondata di contagi iniziale, sono rimasti scottati, però tengono duro e stanno tenendo la situazione sotto controllo. Non ho paura forse sono solo stanco. Ad ogni modo credo che come tutte le cose anche questo virus avrà fine».

Dalla vittoria a Masterchef al titolo di ambasciatore del food and beverage

Dopo la vittoria a Masterchef Cina, Paolo è diventato giudice del cooking per tre anni di fila e poi volto televisivo di tanti cooking show, ambasciatore Asia Europe del food and beverage, tutor nelle scuole di cucina. Dopo il primo lockdown, Paolo è tornato in Europa con la famiglia, nella sua Italia e poi in Germania temendo di non riuscire più a tornare in Asia. Poi l’occasione è arrivata e da allora lo chef calabrese è lì. «Amo questo Paese fin da ragazzo, dopo aver stretto amicizia con un ragazzo cinese, ho desiderato viverci. Ma non è stato facile all’inizio. Ero in questa città immensa, parlavano una lingua sconosciuta ma io sono sempre stato un testardo e sapevo quello che volevo fare. Ed eccomi qui».

Con la Calabria sempre nel cuore

La sua è una cucina mescolata. C’è la mano italiana, specie per gli impasti, c’è il mare che unisce un po’ il gusto mediterraneo con le spezie orientali. «Durante un incontro culinario nella provincia Sichuan ho cucinato per un festival la mia versione piccantissima del morzeddhu con cui ho farcito una pitta creata con un filone arrotolato all’olio d’oliva. La trippa la cucinano anche in Cina ma non credevano che anche noi utilizzassimo le interiora tutte insieme».

Della Calabria sente la mancanza di tante cose: del clima, dei profumi, delle materie prime. «Soffro la lontananza da mio padre, mia madre e mia sorella. Però alcune cose no, non mi mancano, come ad esempio quel senso di frustrazione che sentivo per non poter realizzare nella mia terra i sogni che cullavo. Adesso ho un progetto, tornare e incontrare i cuochi calabresi, parlare con loro, condividere la mia esperienza e magari, perché no, aprire un’attività nuova, qualcosa che non c’è ancora». Con alcuni chef importanti calabresi è in contatto ma secondo Paolo non si fa sempre rete come si dovrebbe. «Io se posso do sempre una mano e voglio far divertire con la mia idea di cucina e con le esperienze che ho maturato in giro per il mondo. Questo è il bello del cibo, ti porta lontanissimo e poi ti riporta indietro, nella vecchia cucina della nonna».