VIDEO | Sbarcati a Reggio Calabria in momenti diversi, si sono ritrovati nel quartiere di Cannavò dove ora vivono. Hanno in comune il dramma della migrazione ma anche il calore del villaggio che hanno lasciato
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Dal villaggio di Saroudia in Senegal alla Calabria. Dopo aver percorso oltre quattromila chilometri, dopo avere affrontato pericoli e momenti drammatici, Bacary e Moussa si sono ritrovati, un giorno per caso, a Reggio Calabria, città nella quale sono sbarcati in momenti diversi dopo essere partiti da soli, lasciando la loro famiglia in Senegal.
Emozionati e contenti raccontano di quel momento in cui si sono subito riconosciuti e abbracciati e in quell’abbraccio hanno ritrovato l’atmosfera di quella casa che si sono dovuti lasciare alle spalle. «È stato bello ritrovarci dopo tanto tempo e così lontano da casa. Ricordo bene quando l’ho visto arrivare. Ci siamo subito guardati e riconosciuti. Quando sto con lui mi sembra di essere al mio villaggio», ha commentato Bacary Toure.
Adesso vivono entrambi a Cannavò, zona collinare di Reggio Calabria, un quartiere virtuoso che in passato ha collaborato con la Prefettura per progetti di accoglienza migranti minori arrivati senza famiglia. Nel frattempo questi minori sono cresciuti e, terminati i progetti istituzionali, grazie alla parrocchia della chiesa Cannavò-Riparo guidata da don Nino Russo e alla comunità tutta, da maggiorenni questi giovani hanno potuto scegliere di restare. Lo hanno fatto perché proprio a Reggio Calabria, a Cannavò, si sono sempre sentiti accolti e nuovamente amati, finalmente ragazzi con delle possibilità.
Bacary e Moussa frequentano l’istituto Alberghiero di Villa San Giovanni, praticano sport, attivismo per i diritti dell’infanzia e volontariato.
Un passato difficile e un profondo legame li uniscono. Due grandi amici e due grandi sensibilità forgiate dalla vita. Bacary vuole tendere al prossimo la mano che è stata offerta a lui, Moussa desidera il cambiamento affinché la sua Africa sia per tutti i bambini un luogo più sicuro dal quale non dover più partire. «Se in Africa avessi potuto avere una vita normale, non sarei mai andato via. Forse non sarò io a tornare. Forse torneranno le mie idee. L’importante è che ciò che noi abbiamo vissuto, le sofferenze che abbiamo patito sono siano vane. Dobbiamo operare per il cambiamento, altrimenti ancora altri lasceranno l’Africa», ha evidenziato Moussa Cissokho.