VIDEO | Il laboratorio Alte Energie dell'ateneo di Rende guidato dal professor Schioppa partecipa da anni a uno dei più imponenti esperimenti umani spingendosi ogni volta verso nuove frontiere della fisica
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Il gigante che nella mitologia greca sorreggeva il peso del cielo sulle sue spalle si chiamava Atlante, ma c’è un altro gigante, sotterraneo questa volta, che ha il compito di svelare i misteri della materia facendo impattare particelle a velocità elevatissime: l’Atlas del Cern di Ginevra.
Si tratta di uno dei più imponenti esperimenti umani: è lungo 44 metri, ha un diametro di 25 metri, pesa circa 7mila tonnellate ed è attualmente il più grande acceleratore di particelle che esista.
Il laboratorio di Fisica dell’Unical "Alte Energie", guidato dal professor Marco Schioppa, da anni contribuisce all'esperimento con la progettazione e la costruzione di alcuni componenti del "pachiderma sotterraneo".
«Dal 1996, abbiamo iniziato a lavorare per questo esperimento sull'acceleratore LHC Large Hadron Collider del Cern. Come Unical abbiamo contribuito costruendo una parte di questo rivelatore, parliamo di 36mila tubi in quattro anni. Ce ne sono voluti tre prima di cominciare la produzione, abbiamo fatto prima un prototipo, poi il secondo, continuando a scartare, o comunque a fare delle prove. Dopodiché abbiamo partecipato al primo aggiornamento del rivelatore, perché i rivelatori invecchiano e si chiede alla comunità scientifica di migliorare le prestazioni del macchinario» ci spiega mostrandoci il mock-up di un modulo costruito in scala 1:1 e un piano di lettura appena costruito che il professore adagia con delicatezza sul pavimento.
Anche se per tutti il 2030 non è ancora dietro l’angolo, la scienza corre veloce per stare al passo di un futuro che ama allontanare la linea dell’orizzonte.
«Tra cinque anni ci sarà l’aggiornamento dell’acceleratore attuale chiamato alta luminosità anche se non ha niente a che vedere con la luce, che renderà l’esperimento più potente perché aumenterà il numero di collisioni per particelle».
Il docente Unical che dal 2019 è team leader e team manager del gruppo ATLASCosenza, dal laboratorio Alte Energie, racconta perché è così importante osservare gli effetti dell’urto tra particelle.
«Un rivelatore è come una cinepresa che registra, istante per istante, quello che succede subito dopo la collisione tra due particelle: quindi l’energia cinetica, il tipo di particella, la massa. Ce ne sono moltissime che decadono immediatamente, quindi abbiamo necessità di capire dai prodotti di decadimento, che cosa ha prodotto la particella che ha originato questo decadimento. Il bosone di Higgs è stato scoperto in questa maniera».
Chiamata impropriamente “particella di Dio”, l’Higgs è considerato come quel meccanismo che permette alle cose di avere peso e forma nel nostro universo. Senza il campo di Higgs e il bosone, le particelle non avrebbero massa: niente stelle, pianeti, persone... praticamente niente di solido esisterebbe.
«Fu una grandissima emozione quel giorno di più di dieci anni, perché eravamo anche noi parte di quel successo: realizzammo il 10% per cento delle camere dello spettrometro di Atlas, e una piccola delegazione andò a Ginevra a festeggiare. Una volta tornati qui abbiamo tenuto una serie di incontri nelle scuole di tutta la Calabria e per il decennale siamo stati a Reggio Calabria, Tropea, Catanzaro».
Tanta strada è stata fatta, ma tantissima ce n’è ancora. E c’è una frontiera che in tanti stanno assaltando, un mistero che sta impegnando migliaia di scienziati in tutto il mondo: la materia oscura.
«È anche stata parte del programma del direttorato del Cern. Moltissime persone si domandano come è fatta, per quale motivo noi non riusciamo neanche a vederla – spiega Schioppa -. La materia oscura esiste, ma sebbene sia così corposamente presente, non si trova, a quanto sembra è una cosa più difficile da scovare di quanto immaginiamo, però prima o poi ci riusciremo».