Il presidente della Cei calabrese ha celebrato la Via Crucis con i detenuti di Catanzaro. «Non cadremo nella disperazione»
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L'arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, presidente della Conferenza episcopale calabrese, ha celebrato questa mattina la Via Crucis con i detenuti della casa circondariale "Ugo Caridi" del capoluogo calabrese.
Alla celebrazione, che si è svolta del campo sportivo del carcere in modo da consentire a tutti i detenuti di partecipare dalle proprie stanze, hanno partecipato il direttore dell'istituto penitenziario, Angela Paravati, il cappellano don Giorgio Pilò, il segretario arcivescovile don Francesco Candia, il comandante, Simona Poli, suor Nicoletta Vessoni, e un detenuto, che ha letto durante le stazioni della Via Crucis.
Il messaggio di speranza
Pregando con gli ospiti della casa circondariale, l'arcivescovo Bertolone ha rivolto un messaggio di speranza: «Oggi Venerdì Santo, grazie alla direttrice sono venuto qui per rivivere assieme a voi la via crucis di Cristo per chiedere a lui per voi, per l'umanità, la grazia di insegnarci ad affrontare le difficoltà della vita, la pandemia con dignità e senso di responsabilità e a imparare a costruire rapporti umani veri, fraterni, rispettosi».
«Il virus – ha rimarcato l'arcivescovo di Catanzaro-Squillace – ci isola e ci divide, trasforma gli incontri in contagi, gli abbracci in epidemia, eppure è proprio in questi momenti – per voi ancor più in queste settimane di ulteriori privazioni e di pericoli ancora maggiori per chi vive in comunità affollate – che abbiamo tutti riscoperto l'essenza della relazione interpersonale, la bellezza degli sguardi, la dolcezza dei ricordi, l'importanza dell'incontro, la forza della comunione».
«Allora, fratelli e sorelle miei, guardando al Cristo morto in croce per i peccati dell'uomo e da quella croce risorto per tornare ad abbracciare e guidare l'uomo suo carnefice – ha concluso Bertolone –, non lasciamo che questo tempo passi invano. Non consentiamo al Coronavirus di farci zittire e di gettarci nella disperazione; non consentiamogli di seminare tra noi solo il male corporeo di cui è capace».