Madina oggi vive in Calabria in un posto sicuro ma ha con sé solo uno dei suoi sette bambini: «Il futuro? Lo vedo in questo bellissimo e accogliente paese»
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La storia di Madina, 42 anni, in fuga dall’Afganistan dove per anni ha subito violenze inenarrabili. Costretta sin da ragazzina a sposare il cugino in primo grado, ha avuto 7 figli. Raccontiamo le condizioni della donna, la sua fuga in Europa, l’arrivo in Calabria aspettando che la raggiungano i figli.
Madina appartiene a una famiglia di etnia pastho, molto chiusa, che la dà in sposa al cugino sin da bambina. Non riesce ad avere subito i bambini che il marito pretendeva, mentre viene picchiata e subisce violenze di ogni tipo. Poi i figli arrivano: ne avrà sette! Madina continua a subire quotidianamente violenza e crudeltà, anche da parte del marito che ad un certo punto sparisce e la lascia da sola con i figli.
Nel 2016 decide di scappare dalla sua terra, aiutata da un fratello, riuscendo a portare con sé il più piccolo dei figli, con la certezza che gli altri l’avrebbero raggiunta. Ma nel frattempo uno dei figli muore, e gli altri rimangono bloccati in Pakistan, in attesa di raggiungere la mamma.
Quello che accade a Madina in fuga è davvero drammatico. Arriva in Turchia in aereo, con il biglietto pagato dal fratello, ma da lì è costretta a continuare il viaggio a piedi verso l'Europa. Impiega addirittura quattro anni per arrivare in Francia, a Parigi, dove attende per 10 mesi lo stato di rifugiato, successivamente arriva in Italia, quindi in Calabria, a Plataci, per poi raggiungere altri centri. Dove vive tuttora.
Madina e suo figlio Omar sono inseriti in un progetto Sai, che avrebbe dovuto in tempi brevi farle ottenere i documenti, un inserimento lavorativo e conoscenza della lingua. Ma le difficoltà per la donna sono tante. Lei non si rassegna e soffre molto la mancanza dei 5 figli, dei quali non ha più notizie. Sembra impazzire, si dispera e piange ogni giorno. La sua condizione psicologica è grave e purtroppo ne risente anche il bambino.
Fortunatamente ad un certo punto le cose si mettono bene, i ragazzi del Sai riescono meglio ad interagire con lei e incomincia un percorso virtuoso. Madina è più serena, trova un lavoro come cuoca, viene assunta. Spera sempre che i figli possano raggiungerla.
Così, tramite il bio distretto Baticos e l'associazione Gianfrancesco Serio, con Angelo e Filomena, la sua storia cambia. Gli aspetti burocratici migliorano, i suoi documenti sono in arrivo. Riesce ad ottenere finalmente il nulla osta per far arrivare i figlioli. I quali non appena vengono a conoscenza che i documenti sono in regola, si preparano a lasciare il Pakistan. Passa il tempo, a Islamabad vengono assistiti dall'avvocato Francesca Iachini che lavora per Pangea. Si avviano le procedure, si muove anche l’ambasciata, si spera che a breve i ragazzi possano ottenere il visto per l'Italia. Ma tuttora i ragazzi sono ad Islamabad, spostati continuamente da un alloggio all’altro per motivi di sicurezza. I ragazzini stanno vivendo in stato di grave stress psicologico, e molte sono le conseguenze sulla loro salute. I figli dal Pakistan non arrivano ancora. Da tenere conto della situazione confusa che regna nel paese, con una diffusa corruzione che impera ovunque e che complica ogni cosa. Ma in Pakistan questa viene considerata normalità.
Riusciamo a sapere dove si trova adesso Madina, per cui dopo qualche difficoltà riusciamo ad incontrarla. Vive in un luogo sicuro della nostra terra. Qui sta bene e si sente al sicuro. Continua a sperare di riavere i bambini, ha comunque paura. Pochi sanno dove si trova, ma lei è sempre grata a tutti coloro che le stanno vicini e la stanno aiutando. Si rende disponibile anche a lavorare. È una donna attiva, ha tanta voglia di fare. Ci racconta la sua storia, con l’aiuto di un interprete.
Chiediamo a Madina perché accade tutto questo alle donne afgane.
«In Afghanistan c'è la guerra da 40 anni. E a causa della guerra sono prima arrivati i mujahidin e dopo i talebani, così le donne da allora non sono più libere. In Afghanistan prima le donne erano libere, potevano anche decidere, potevano studiare. I talebani non sono afgani, vengono dal Pakistan».
Madina, prova ancora rabbia e dolore per essere stata per anni così brutalmente picchiata e violentata. Parla a fatica, si dispera e piange.
«Provavo rabbia anche perché non ho potuto mai scegliere. Non potevo reagire. Sono stata costretta a sposare un mio cugino in primo grado. Venivo massacrata di botte».
Ci facciamo raccontare il viaggio durato 4 anni per arrivare in Europa. Le difficoltà sono state enormi, ma lei ha resistito, e lo ha fatto per i suoi figli. Preferiamo non riportare il racconto, per ovvii motivi, ma anche perché Madina potrebbe essere individuata e raggiunta.
«In Europa sono stata accolta bene, mi sono trovata molto bene perché non dovevo giustificare nulla, sono stata sempre libera di agire, anche di portare lo hijab, o di portare i jeans, non importava se avessi studiato o meno, perché potevo decidere io cosa fare, anche le cose piccole, e questa è una cosa importante, che alle donne afghane viene totalmente vietato».
Parla con difficoltà. Nei suoi occhi si legge tanta paura. Ma ora lei pensa solo ai figli bloccati in Pakistan. E ci racconta come vede il suo futuro.
«In Italia, lo vedo in questo bellissimo e accogliente paese. Con i miei figli».
Le ultime notizie che si hanno dicono dei 5 bimbi ancora ad Islamabad, in una camera in affitto. C’è una persona fidata che fa loro la spesa, ma comunque i ragazzini hanno paura, sono sotto pressione per le ripetute visite della polizia. Per questi bambini vengono affrontate molte spese. Ma purtroppo chi pensa a loro non ha più la forza economica per continuare. Si spera in un intervento di Save the Children tramite l'associazione Gianfrancesco Serio e Pangea, che stanno facendo tanti sforzi per arrivare all’obiettivo finale: far giungere i cinque ragazzini dalla mamma, qui in Calabria. La cosa non è affatto semplice. Ma quei ragazzini devono assolutamente raggiungere la mamma. E uscire da quell’inferno.
Intanto il prossimo 23 novembre alla Dimora Storica di Cosenza, l’Associazione La Giostra ha organizzato una cena di beneficenza per aiutare i figli di Madina a raggiungere la mamma.