E’ innegabile: i politici cosentini hanno sempre dato molto al loro territorio. Già prima di Giacomo Mancini, fu Gennaro Cassiani di Spezzano Albanese e senatore tra le file della Democrazia Cristiani a regalare la prima grande soddisfazione. E' il 1958 e a Cosenza vecchia nasce la Rai calabrese. Un’unicità nell’intero panorama italiano, considerato che di solito la sede regionale del più importante servizio pubblico è istituito nel capoluogo. Eccezion fatta per Cosenza. Media, politica e potere, dunque. Tutto in unica città. E bocconi amari per Reggi Calabria e Catanzaro. “L’errore di Cassiani – scrive lo storico giornalista Franco Cipriani -  fu solo quello di essersi fatto trascinare da un inspiegabile sentimento campanilistico, e in quell’occasione, lo scrissi più volte, egli si sentì non un deputato della Calabria quanto invece un deputato di Cosenza”.

 

Da quel momento in poi succede qualcosa di incredibile. Mentre diverse città e paesi calabresi soffrono di spopolamento, la stessa cosa non si può certamente dire di Rende e Montalto Uffugo. I due nuclei urbani confinanti con Cosenza, grazie certamente all’Unical, vivono un periodo di espansione urbanistica senza precedenti nel meridione d’Italia. Dagli 11 mila abitanti degli anni ’60, ad esempio, Rende quadruplica, arrivando oggi a contarne quasi 40 mila censiti. Una stima generale al ribasso, visto e considerato che all’anagrafe non sono menzionati gli studenti, che rappresentano poi la vera economia cosentina. Stessa cosa dicasi per Montalto Uffugo: in quarant’anni il paese del Leoncavallo è raddoppiato in popolazione: da 10 mila a 20 mila.

 

Un vero e proprio boom demografico, che come logica conseguenza – strettamente legata ad esigenze reali di miglior benessere – ha dato il “la” all’avvento senza scrupoli di monopolisti del cemento. L’espansione urbanistica, arrivata già a buon punto negli anni ’90, ha avuto una nuova ascesa agli inizi del 2000. Nuove case, nuovi design, nuove lottizzazioni, nuovi sbancamenti, nuovi intrecci. Il nuovo che avanza a Rende non esiste, perché c’è una dinastia che deve continuare. Di padre, di figlio, di socialismo. Di famiglia: il nuovo Giacomo Mancini si chiama Sandro Principe.

 

Già sotto i riflettori dal 1992 dall'allora Procuratore capo di Palmi Agostino Cordova e dal Pubblico Ministero di Locri Nicola Gratteri, durante un operazione di polizia fac-simili elettorali di Sandro Principe vengono trovati in diverse abitazioni di 'ndranghetisti della Piana di Gioia Tauro e della Locride. I Carabinieri di Rosarno, inoltre, fotografano lo stesso Principe col boss mafioso Marcello Pesce nella saletta riservata del bar “Crystall” di Rosarno. Rieletto al Parlamento durante quella tornata la Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei Deputati da parere negativo alla richiesta della Procura definendo quell’azione giudiziaria “persecutoria”. Anzi, viene fatto notare come Principe abbia racimolato solo 8 voti a Rosarno.

 

Dopo l’esperienza romana, Principe ritorna a Rende. Si ripresenta a sindaco e rivince. E, anni dopo l’agguato subito durante l’inaugurazione della chiesa San Carlo Borromeo, compiuto dall’ormai defunto Sergio Staino, proprio mentre lo stesso Staino esce di prigione, una deputata laziale di Forza Italia, Maria Burani Procaccini,  incalza: “Al Comune di Rende, gestito da 55 anni dalla famiglia Principe, si stanno consumando incredibili episodi di malaffare, per come scritto su di un quotidiano locale, con sindaci che rilasciano concessioni edilizie a figli, 20 consiglieri comunali su 30 costruttori, figli di dirigenti e politici stabilizzati come Lsu. Sarebbe grave se la tragica vicenda dell'attentato del 2004 all'on. Principe venisse agitata strumentalmente oggi per evitare di parlare di cointeressenze ed affari che riguardano una cittadina importante, che ospita una Università e che vede interessi di milioni di euro divisi fra controllori e controllati”.

 

Finita l’era Principe, a Rende non è ancora tempo di cambiamenti. Al posto dell’amatissimo leader, ci va il cosiddetto “sindaco per finta” Umberto Bernaudo. Pochi anni dopo, per il primo cittadino iniziano i primi problemi. In occasione delle provinciali di quegli anni la Dda bussa alla sua porta e a quella di un altro personaggio “principiano”, ovvero Pietro Ruffolo. E' il 2009 e "il modello Rende" scende in campo con il sindaco e un assessore al Bilancio per sostenere la riconferma di Mario Oliverio alla guida della Provincia di Cosenza. Qualche mese prima nasce la “Rende servizi”, la cooperativa sociale oggetto delle indagini dell’antimafia. Tra i 63 dipendenti (divenuti a stretto giro 171 assunti per chiamata diretta nella successiva “Rende Servizi”) della cooperativa controllata dal comune di Rende, che si occupava di pulizie e lavori edili, ci sono anche Michele Di Puppo, braccio destro del boss Ettore Lanzino e lo stesso Lanzino latitante fino allo scorso 16 novembre e ritenuto capo della ‘ndrangheta cosentina.

 

continua domani - (Chi sono quei "pezzi grossi" della politica cosentina di cui parla il pentito di mafia Adolfo Foggetti?)