È una di quelle vicende dove la punta dell’iceberg è in piena luce, ma cosa si nasconda sotto la superfice è ancora tutto da scoprire.
Lo stringato comunicato con cui ieri La7 ha annunciato la sospensione della trasmissione di Massimo Giletti, Non è l’Arena, ha innescato una ridda di speculazioni sui motivi dietro una decisione clamorosa e inedita per modalità e tempistiche.

«Andare via dalla Rai fu un dolore profondo»

Sebbene si vociferasse da tempo di un avvicinamento di Giletti alla Rai per un suo ritorno alla Tv di Stato (ci ha lavorato per trent’anni), la notizia della chiusura anticipata di una delle trasmissioni del canale televisivo di Urbano Cairo più seguite e discusse, ha comunque colto tutti di sorpresa.

Recentemente a Belve, il programma di Francesca Fagnani su Rai2, Giletti ha confermato che, a suo tempo, «lasciare la Rai è stato un dolore profondo». «Ma a volte non esserci è un valore: fai delle scelte - ha aggiunto -. Devo dire grazie a chi mi ha costretto ad andare via, nelle tempeste si costruiscono le persone».

Il benservito di La7

Come allora, anche questa volta non si sa chi lo abbia silurato ma di certo a premere il pulsante è stato il suo editore, con una nota di poche righe: «La7 ha deciso di sospendere la produzione del programma “Non è l'Arena” che da domenica prossima non sarà in onda. La7 ringrazia Massimo Giletti per il lavoro svolto in questi sei anni con passione e dedizione. Massimo Giletti rimane a disposizione dell'Azienda». Poco, troppo poco per non innescare una serie di ricostruzioni e insinuazioni, alcune delle quali lo stesso Giletti è stato costretto a smentire.

La perquisizione fasulla a casa di Giletti

Come nel caso della presunta perquisizione che il giornalista avrebbe subito nella sua abitazione: «È tutto falso, non c’è stata alcuna perquisizione. Nessuna notifica delle forze dell’ordine, nulla di nulla. Del resto era tutto facilmente verificabile e riscontrabile - ha dichiarato all’Ansa -. Ognuno ha la sua versione. Non voglio aggiungere altro, non parlo, penso solo ai miei, alle 35 persone che lavorano con me e si ritrovano ora sbattute fuori dopo 6 anni. Io ho le spalle larghe, penso solo a loro».

La notizia, poi ampiamente smentita, che le forze dell’ordine fossero impegnate in una perquisizione a casa del conduttore televisivo si è diffusa nel pomeriggio di ieri dopo un tweet di Selvaggia Lucarelli che riferiva della voce sempre più insistente che circolava nelle redazioni dei giornali italiani. Nessuna spiegazione, però, sul perché di un provvedimento giudiziario così invasivo.

Le "profezie" di Baiardo

Molti giornali, dunque, hanno cominciato a rimuginare sulle numerose puntate che Non è l’Arena ha dedicato a Matteo Messina Denaro, a cominciare da quella forse più clamorosa del novembre 2022. In quell’occasione, Salvatore Baiardo, pregiudicato condannato per favoreggiamento e uomo vicino al clan dei fratelli Graviano, intervistato da Giletti, preconizzò la cattura del super latitante: «Che arrivi un regalino? Che magari presumiamo che un Matteo Messina Denaro sia molto malato e faccia una trattativa lui stesso per consegnarsi e fare un arresto clamoroso? E così arrestando lui esce qualcuno che ha l’ergastolo ostativo senza che ci sia clamore?».

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Et voilà, Messina Denaro viene arrestato davvero

Circa tre mesi dopo, il 16 gennaio 2023, il boss dei boss è stato “puntualmente” arrestato dopo 30 anni di latitanza. L’intervista a Baiardo diviene un caso: chi abbia usato chi diventa l’interrogativo più ricorrente. Baiardo è un intermediario? Sta lanciando messaggi allo Stato? E perché proprio attraverso la trasmissione di La7?

A quest’ultima domanda una risposta viene dai compensi che il “portavoce dei Graviano” avrebbe ricevuto per partecipare al programma di Giletti. In particolare, Repubblica riferisce dell’apertura di un’indagine a Firenze su 48mila euro che Baiardo avrebbe incassato per partecipare al programma di Giletti, il quale, ascoltato dai magistrati fiorentini, ha spiegato che retribuire le partecipazioni alla trasmissione sarebbe un trattamento riservato a tutti. Di certo Baiardo è stato pagato con un accredito bancario e con fattura, anche se una parte del compenso - ipotizza Repubblica - sarebbe stato versato in maniera irregolare.

«Lei sta rischiando parecchio, non solo con la mafia..»

Ma che c’entra tutto questo con il defenestramento del giornalista? Forse nulla, forse tutto. Di certo, però, quando sulla scena irrompe Baiardo tutto perde trasparenza e diventa opaco. Lo stesso amico dei fratelli Graviano, sempre a Non è l’Arena, ha lanciato un altro sinistro monito. Nella puntata del 22 gennaio scorso, infatti, rivolto al conduttore ha affermato: «Io le dico una cosa, però, Giletti: lei fa del buon giornalismo - adesso, non per essere ruffiani o che - ma lei sta rischiando parecchio. Sta rischiando a 360 gradi. Non magari perché Filippo Graviano ha detto, nell’ora d’aria, che ha visto la trasmissione e si sta scassando la… Ma lei sta rischiando a 360 gradi… non solo a livello Mafia. Questo glielo dico».

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Sotto scorta

Giletti vive sotto scorta dall’estate del 2020 per le minacce del boss Filippo Graviano. Una protezione che nelle ultime settimane sembra essere stata rafforzata: «Sono sempre più duramente sotto scorta per colpa della mafia - ha dichiarato all’inizio d’aprile a Luca Telese nel corso della trasmissione radiofonica l’Attimo fuggente  - ho ricevuto lettere di minacce ma non ho mai esitato ad andare oltre, anche con quando ero alla Rai».

Murri: «Giletti è scomodo»

Chi crede fermamente che la sospensione di Non è l’Arena dipenda dall’aver toccato troppi nervi scoperti, è la giornalista Sandra Murri, ospite quasi fisso di Giletti. «Al di là delle ricostruzioni, utili ad ognuno, a sostegno della propria tesi, forse, sarebbe utile parlare dei fatti – scrive in una lettera aperta inviata a Dagospia -. Mi chiedo: c'è davvero qualcuno disposto a credere che la ragione di una tale decisione della rete, possa essere dipesa dal pagamento di Baiardo per le sue partecipazioni al programma? E non sia, invece, scaturita dal susseguirsi di inchieste su fatti di mafia-politica-servizi deviati-massoneria, già in parte noti, ma prevalentemente, solo agli addetti ai lavori. Fatti che Non E' L'Arena ha portato alla conoscenza di un più vasto pubblico».

Poi, Murri chiama in causa proprio Baiardo: «Chi, come me, scusate il peccato di umiltà, conosce da molti anni Cosa Nostra, sa che il filo scoperto ha un nome: Salvatore Baiardo, già condannato per favoreggiamento per la latitanza dei boss Giuseppe e Filippo Graviano. Uno strumento nelle mani di un puparo, forse? E chi sarebbe il puparo che ha “bruciato” Massimo Giletti quando ha ritenuto che non servisse più perché ha fatto qualcosa di troppo dissonante? Non resta che sperare che la Procura di Firenze che ha ascoltato Massimo come persona informata dei fatti, e interrogato Baiardo, possa dare le adeguate risposte in tempi ragionevoli per far tacere le trombe, così efficaci, per mascariare, restando in tema».

Il silenzio di Urbano Cairo

Per ricapitolare, cosa ci sia davvero dietro l’allontanamento di Giletti, per ora non si sa. «Tutto si chiarirà al momento opportuno», assicura il conduttore, ma per adesso le speculazioni non si fermano. La spiegazione più semplice, quella secondo la quale Cairo sarebbe stato così infastidito dalle voci sul possibile passaggio di Massimo Giletti alla Rai, da decidere di accelerare il divorzio, è anche la meno intrigante. E non trova appigli nelle risposte dello stesso Cairo, che contattato dal Fatto Quotidiano, che gli chiedeva quali fosso i motivi della sospensione – «share, linea editoriale o trattativa con la Rai?» -, ha tagliato corto: «Faccia lei».

Saltano le puntate su Forza Italia

Al giornale, quindi, non è restato che battere sul tasto che sa suonare meglio, quello della politica anti berlusconiana, sottolineando che «per domenica nel mirino della redazione di Non è l’Arena c’era già l’ex sottosegretario di Forza Italia Antonio D’Alì». «Poi Giletti – continua - stava pensando di alzare il tiro con una o più puntate su Marcello Dell’Utri. Il conduttore aveva preso già contatti con gli esperti della materia e stava studiando le indagini fiorentine che coinvolgono anche Berlusconi. L’ipotesi di accusa (tutta da dimostrare) relativa alle stragi del 1993 è un tabù in tv. Giletti voleva infrangerlo perché affascinato dalle potenzialità televisive del personaggio Dell’Utri». Insomma, è l'Italia bellezza.