Ciclo di iniziative sociali della campagna Illuminiamo il Natale, organizzate dal gruppo Diemmecom-LaC in occasione delle festività che ha visto in prima linea anche il presidente del gruppo Domenico Maduli. Tante le emozioni negli occhi di chi ogni giorno con coraggio resiste
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Se vuoi fare bene informazione e comunicazione devi andare in profondità, devi conoscere la società nel profondo, devi toccare con mano i problemi della gente. Ed è necessario vivere direttamente i drammi che vivono le famiglie, i giovani, la gente, spesso in solitudine. Occorre anche conoscere e raccontare il coraggio, la forza e la determinazione dei calabresi che resistono, dei giovani che reagiscono.
Viaggio nella Casa Exodus di Caccuri
Per cui quando il presidente del Gruppo Pubbliemme-LaC, Domenico Maduli, ha espresso il desiderio di fare un giro nel territorio per conoscere meglio le realtà meno conosciute, a me è sembrata una buona idea. Un viaggio in tre tappe appena concluso, nella Calabria che reagisce, che lotta e non si arrende.
Le emozioni sono state tante. Alcune molto forti. Ad esempio quella di guardare negli occhi un ragazzo di 22 anni, ospite della Casa Exodus di Caccuri, un tempo definite comunità di accoglienza per i giovani con dipendenze da droghe. Il ragazzo ci raccontava, a tavola mentre pranzavamo insieme con i ragazzi della comunità, come è finito lì, la sua terribile esperienza in carcere, la voglia di rinascere, il desiderio di non vedere mai più le lacrime della mamma disperata. «Ma ora mi sento rinato, ho 22 anni, voglio vivere la vita, voglio essere libero da ogni dipendenza e da ogni sofferenza. Voglio lottare».
Come lui anche gli altri ragazzi della Casa di Caccuri, che vivono in uno spirito di comunità e di famiglia, assistiti da operatori preparati e sempre disponibili, nello spirito e nel segno del fondatore Don Antonio Mazzi. I ragazzi vengono seguiti accuratamente, lavorano nei laboratori organizzati, anche in cucina e alcuni all’esterno. Questi ragazzi vogliono vincere la battaglia della loro vita contro ogni forma di dipendenza. Statisticamente quasi la metà di loro ce la farà. I ragazzi vinceranno e torneranno, finalmente liberi e liberati, nella società. Ma il percorso non sarà breve e nemmeno facile.
Tappa nell'associazione Sabir
Nell’altra tappa del viaggio abbiamo visto il lavoro preziosissimo che fanno i ragazzi dell’associazione Sabir di Crotone che offre servizi psico-educativi e logopedici per bambini e ragazzi, dai 3 ai 20 anni, con disturbo del neurosviluppo. Le famiglie presenti all’incontro hanno testimoniato che ora non sono più sole, e che hanno finalmente visto i loro figli pronti e coinvolti nelle attività. La cosa più importante che fa l’associazione Sabir e che non segue solo i ragazzi per un tempo limitato nei locali dove si ritrovano quotidianamente. Perché i ragazzi vengono accompagnati per anni, fino alla maggiore età. E ad essere seguite sono anche le famiglie, che generalmente vengono lasciate da sole, senza mezzi, senza strumenti per poter proteggere i loro figli. Questa è una cosa di straordinaria importanza. I ragazzi li abbiamo visti inizialmente preoccupati della nostra presenza, poi sempre più coinvolti e partecipi, anche felici di passare una mattinata diversa. Un ragazzino ci ha raccontato di avere visto, nel corso di una gita organizzata dall’associazione, per la prima volta il mare! E da allora ne è rimasto affascinato.
La visita all'Istituto alberghiero
Interessante anche l’incontro con i ragazzi del dell’Istituto alberghiero di San Giovanni in Fiore, rinato in una sede splendida, in un parco, organizzato e gestito come un college, con convitto, campi da gioco, laboratori di cucina sempre a disposizione. Gli allievi vengono preparati nei 5 anni di corso, per diventare chef, baristi, maitre, camerieri. Ragazzi che hanno raccontato le loro aspirazioni, parlando di come dovrebbe essere impostato un modello di accoglienza e di ristorazione in Calabria.
È stato un viaggio nella Calabria che ama i calabresi. Nella Calabria che cerca il futuro, la speranza. Il presidente Maduli ha avuto modo di dire ai ragazzi: «Non siamo noi che abbiamo dato a voi, ma siete voi che ci avete insegnato tante cose e ci avete fatto anche emozionare. Vi seguiremo costantemente».
Ecco, fare informazione è una cosa seria. Comunicare non si può fare stando seduti davanti ad un computer per ore e ore, ben lontani dalla realtà. E non si può fare un’intervista al telefono, senza osservare il linguaggio del corpo, guardando negli occhi l’interlocutore. Perché va anche osservato il movimento delle mani di chi parla. Comunicare, informare, è un’arte terribilmente seria, soprattutto in un’epoca in cui tutto si è fatto più difficile, complesso.
Comunicare significa esplorare, entrare dentro il fatto, fermarsi ad ascoltare.
Scriveva Richard Bandler: “Se avete modo di osservare la persona con cui stiamo comunicando direttamente, otterrete sempre una risposta prima che questa ci venga espressa verbalmente”.