L’aumento dei passeggeri impone un approccio sempre più sofisticato. Protocolli rigorosi, tecnologie avanzate e formazione: così si difendono gli scali in Calabria
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Quella del 18 novembre scorso era un’alba che si preannunciava tranquilla a Reggio Calabria, scandita dal consueto viavai di passeggeri tra i varchi di sicurezza e le sale d’attesa, e che si è trasformata in un inaspettato banco di prova per il sistema di sicurezza aeroportuale italiano. Un bagaglio incustodito, abbandonato nella zona del check-in, ha scatenato un protocollo d’emergenza tanto rodato quanto complesso: evacuazione immediata dell’aerostazione, intervento degli artificieri e un’attesa snervante per i passeggeri, trasportati all’esterno.
Il verdetto, emesso poco dopo, ha riportato sollievo: il contenuto sospetto si è rivelato innocuo, ma l’intera vicenda ha lasciato aperte domande sul futuro della sicurezza nei nostri aeroporti. Domande che diventano ancora più pressanti alla luce di un dato emblematico: l’aeroporto "Tito Minniti" di Reggio Calabria sta vivendo un momento di rinascita, con un aumento del traffico passeggeri del 115% rispetto all’anno precedente. Ma soprattutto: eventi che, probabilmente, pensavamo molto distanti da noi, quasi da film, e relegati quindi agli scali che macinano milioni e milioni di transiti tra arrivi e partenze, oggi scopriamo possono accadere anche "sotto casa".
Per anni relegato ai margini del sistema aeroportuale nazionale, lo scalo reggino ha recentemente invertito la rotta. Un contributo importante è arrivato dall’introduzione di nuove rotte, come quelle operate da Ryanair, che hanno avvicinato la Calabria al resto d'Europa. Ma la crescita del traffico non è solo motivo di orgoglio: è una sfida che mette sotto pressione ogni livello del sistema aeroportuale. La sicurezza, in particolare, deve evolvere di pari passo per fronteggiare l’aumento delle complessità operative.
Cosa accade quando scatta un allarme bomba?
Un episodio come quello del 18 novembre segue uno schema apparentemente semplice ma in realtà frutto di anni di affinamenti. Tutto ha inizio con l’identificazione della minaccia, spesso grazie alla segnalazione di personale addestrato o all’uso di tecnologie di screening. Da quel momento, il tempo è il nemico: ogni minuto di incertezza può trasformare un sospetto in un pericolo reale.
La procedura prevede l’evacuazione immediata delle aree interessate, la messa in sicurezza dei passeggeri e il dispiegamento degli artificieri. Nel frattempo, i protocolli di comunicazione con le autorità locali e nazionali entrano in azione, garantendo un coordinamento senza falle.
Il successo di questa macchina dipende da due fattori: la preparazione del personale e la tecnologia a disposizione. Entrambi devono essere impeccabili, soprattutto in scali come quello di Reggio, in pieno rilancio ma ancora alle prese con limiti infrastrutturali cui Sacal, di concerto con enti ed istituzioni, sta lavorando quotidianamente.
La sicurezza tra prevenzione e innovazione
Se la gestione di un allarme bomba è una prova di prontezza, la vera partita si gioca sulla prevenzione. Gli aeroporti italiani seguono linee guida stabilite dal Programma Nazionale per la Sicurezza dell’Aviazione Civile, il PNS, che include controlli sistematici, analisi del rischio e formazione continua del personale. Ma le regole non bastano: è la tecnologia a fare la differenza.
Il futuro della sicurezza aeroportuale è già qui, con sistemi di riconoscimento facciale che promettono di ridurre i tempi di controllo e migliorare l’efficienza, o algoritmi di intelligenza artificiale capaci di anticipare comportamenti sospetti analizzando un’enorme quantità di dati. Eppure, la curiosità si sposta su un altro fronte: fino a che punto siamo disposti a cedere alla tecnologia? L’uso massiccio di dati biometrici e la crescente automazione portano con sé interrogativi etici e rischi concreti, come le vulnerabilità agli attacchi informatici.
L’altra faccia della sicurezza: il fattore umano
Sotto il velo delle innovazioni, però, si nasconde un’altra realtà: la sicurezza resta, in ultima analisi, un affare umano. Le decisioni critiche prese in tempo reale, la capacità di leggere un dettaglio che sfugge a una macchina, l’intuizione che può fare la differenza: tutto questo è insostituibile. Ed è forse proprio qui che il sistema italiano ha mostrato negli anni il suo lato più solido, con una rete di personale addestrato e protocolli rodati che fanno scuola anche a livello europeo.