Arriva la risposta alle lamentele sollevate dai sindacati dei medici: «Da subito abbiamo preso atto della legge che abolisce l'obbligo dell'attestazione per il rientro dopo 5 giorni di malattia, ma questo non ne implica l'abrogazione tout court»
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In riferimento all'articolo dal titolo “Medici di base e pediatri contro il ricatto dei certificati scolastici retrodatati: dai dirigenti richieste illegittime”, pubblicato il 6 giugno scorso, riceviamo e pubblichiamo la nota dei dirigenti scolastici Antonella Mongiardo e Ferdinando Rotolo, «a nome anche di altri colleghi dirigenti».
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Premesso che non ci risulta che alcun dirigente scolastico abbia richiesto alle famiglie certificati medici retrodatati, la qual cosa sarebbe, certamente, una pretesa illegittima, trattandosi di pratica illegale. Probabilmente, sarà accaduto che qualche genitore, per documentare/giustificare un periodo prolungato di assenza del proprio figlio, abbia chiesto al medico un certificato successivo alla malattia, quando ormai, giustamente, il medico non poteva più rilasciarglielo, perché avrebbe commesso un falso.
Ci risulta, invece, che molti medici, corretti e rispettosi dei propri doveri, su richiesta di genitori, dopo aver visitato il loro figlio, rilascino il certificato attestante lo stato di malattia. La procedura corretta, da parte del genitore, è infatti, proprio questa: richiedere al medico il certificato mentre è in atto lo stato di malattia. Naturalmente, il genitore non lo richiederà sempre, limitandosi ai casi strettamente necessari per ottemperare alle procedure di documentazione di giorni di assenza nelle situazioni a rischio previste dalla normativa scolastica. In quei casi, il medico, constatando effettivamente lo stato morboso, può attestarlo. E deve attestarlo, se il paziente lo richiede, così come previsto dal Codice di Deontologia Medica, che all'art. 22 recita: "Obbligo di certificazione. Il medico non può rifiutarsi di rilasciare direttamente al cittadino certificati relativi al suo stato di salute".
È opportuno chiarire, altresì, che la citata Legge regionale n°45 del 25/10/2023, non ha nulla a che vedere con questa questione, anche se viene spesso impropriamente presa come motivazione, per affermare che non esista più un obbligo di certificazione medica in senso assoluto. È bene, invece, chiarire che la norma regionale non prevede l’abrogazione, tout court, della certificazione, bensì prevede l’abolizione dell’obbligo di presentazione del certificato medico per il rientro a scuola in caso di malattia superiore a cinque giorni. Cioè, in altre parole, non c’è più l’obbligo di attestare la guarigione oltre i cinque giorni di malattia, come avveniva in passato. E, difatti, ci risulta che i dirigenti scolastici si siano attenuti, fin da subito, a tale disposizione, non richiedendo più il certificato di avvenuta guarigione nel caso di malattia di durata superiore o pari a cinque giorni.
In effetti, la disposizione regionale si riferisce in modo esplicito al rischio di un eventuale contagio al rientro in classe, per scongiurare il quale, in passato, era previsto l’obbligo di attestazione medica. La novità normativa riguarda solo e unicamente questo aspetto, cioè l’opportunità di snellire una procedura burocratica, che prima era obbligatoria per poter riammettere l’alunno a scuola, dopo un periodo di malattia superiore a cinque giorni. Ciò è evidente nel testo stesso del Consiglio regionale: “Nello specifico si è pensato che l’abolizione della presentazione dei certificati medici per assenza scolastica di più di cinque giorni agevoli lo svolgimento dei compiti della medicina territoriale e dei pediatri, considerato che sono state eseguite le indicazioni degli esperti, a partire dall’Istituto Spallanzani, che confermano l’inutilità di questo tipo di certificato. In sostanza, i medici hanno spiegato che di fatto le malattie sono contagiose nel periodo dell’incubazione, ma non nella fase della convalescenza”.
Dunque, in caso di malattia superiore a cinque giorni, l'alunno può rientrare a scuola senza obbligo di presentare il certificato medico per il rientro. E così si sta operando nelle nostre scuole, in ottemperanza alla norma regionale. Ciò non implica, tuttavia, che la famiglia non possa o non debba più richiedere certificati medici, per documentare la malattia dei figli, nelle situazioni di numerose assenze. Se la famiglia fa richiesta motivata di un certificato, il medico ha il dovere di rilasciarlo, perché questo adempimento rientra tra i doveri deontologici della professione medica.
Attestazione che, d’altra parte, non può essere sostituita da autocertificazione in caso di malattia, in quanto la legge non prevede l’autocertificazione per attestare lo stato di malattia. Infatti, l’art. 49, comma 1 del D.P.R. n. 445 del 2000 dispone: “I certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o brevetti non possono essere sostituiti da altro documento, salvo diverse disposizioni della normativa di settore”. E lo stesso Ministero della Pubblica Amministrazione a proposito della decertificazione precisa: “Non possono essere sostituiti da dichiarazione i certificati medici, sanitari, veterinari, di conformità CE, di marchi, di brevetti”.
A questa norma, tuttora vigente, si rifanno i dirigenti scolastici nell’esercizio delle loro funzioni. E così continueranno ad operare, salvo diversa disposizione superiore che li autorizzi ad accettare per buone le autocertificazioni dei genitori per documentare le assenze ai fini della validità dell’anno scolastico o dell’adempimento dell’obbligo. In tal caso, cui si atterrà alla disposizione.
Infine, sul patto educativo di corresponsabilità citato nella nota, è bene chiarire che si tratta di un documento che regolamenta i diritti e i doveri tra scuola e famiglia, e tra i doveri vi è, certamente, quello di osservare le norme relative all’adempimento dell’obbligo scolastico (da parte della famiglia) e alla vigilanza sullo stesso (da parte della scuola). Una questione molto seria, che non può essere sommariamente risolta con una semplicistica facoltà del genitore di “autocertificazione” di uno stato di malattia. Un conto è giustificare i giorni di malattia sul registro elettronico (cosa che si fa normalmente a scuola), ben altra cosa è documentare la malattia, nei casi particolarmente critici per cui il periodo di assenza possa mettere a rischio la validità dell’anno scolastico (nella scuola secondaria) o vi sia il fondato rischio di elusione dell’obbligo (scuola primaria e secondaria).
A tal proposito, al fine di prevenire ulteriori equivoci, si fa presente cosa prevede la normativa riguardo alle responsabilità dei dirigenti scolastici.
a) Frequenza scolastica. Il dirigente ha il dovere di monitorare la frequenza scolastica degli alunni e, in caso di discontinuità e/o irregolarità, deve informare le famiglie, al fine di mettere in atto le opportune strategie in un rapporto collaborativo e sinergico, incentivando la frequenza scolastica. È per questo che, quando il numero di assenze si avvicina al limite massimo previsto dalla normativa, anche nelle situazioni non rientranti in senso stretto nei casi di “elusione” disciplinati dalla L. 159 del 2023, si ritiene opportuno inviare alla famiglia una lettera di segnalazione, richiedendo, in aggiunta alle giustificazioni riportate sul registro elettronico, una ulteriore “giustificazione motivata”, ovviamente nell’ottica di prevenire eventuali situazioni di inadempimento dell’obbligo scolastico e al fine di garantire il pieno diritto allo studio degli alunni. Sempre nell’ottica della prevenzione, i dirigenti scolastici, con diverse circolari, soprattutto quest’anno con l’inasprimento introdotto dalla L. 159 del 2023 di conversione del Decreto Caivano, non hanno trascurato di informare le famiglie sulle nuove e più stringenti misure previste dalla normativa sull’obbligo scolastico, che pone la responsabilità dell’adempimento in capo ai genitori e l’obbligo di vigilanza in capo al dirigente scolastico e al sindaco del Comune di residenza dell’alunno.
b) Validità dell’anno scolastico. Ai sensi del DPR 122/2009, art.14, comma 7, nella scuola secondaria (di 1° e 2° grado) ai fini della validità dell’anno scolastico, ogni studente deve aver frequentato la scuola per almeno i tre quarti del monte ore annuale personalizzato. Pertanto, le ore di assenze dovute a ritardi e/o uscite anticipate, salvo le deroghe deliberate dal Collegio dei docenti e a condizione che non pregiudichino la possibilità di procedere alla valutazione stessa, rientrano nel computo delle ore di assenza. Si riporta l’art.14, comma 7, del DPR 122/2009: “Per procedere alla valutazione finale di ciascuno studente, è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell'orario annuale personalizzato. Le istituzioni scolastiche possono stabilire, per casi eccezionali, analogamente a quanto previsto per il primo ciclo, motivate e straordinarie deroghe al suddetto limite. Tale deroga è prevista per assenze documentate e continuative, a condizione, comunque, che tali assenze non pregiudichino, a giudizio del consiglio di classe, la possibilità di procedere alla valutazione degli alunni interessati. Il mancato conseguimento del limite minimo di frequenza, comprensivo delle deroghe riconosciute, comporta l'esclusione dallo scrutinio finale e la non ammissione alla classe successiva o all'esame finale di ciclo”. Ciò è ribadito anche nel Decr. Lgs. n. 62/2017, che, all’art. 5, a proposito della scuola secondaria di I grado, al comma 1 ricorda che “ai fini della validità dell’anno scolastico, per la valutazione finale delle alunne e degli alunni è richiesta la frequenza di almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato”, mentre al comma 2 afferma che “le istituzioni scolastiche stabiliscono, con delibera del Collegio Docenti, motivate deroghe al suddetto limite per i casi eccezionali, congruamente documentati”.
In conclusione, da parte dei dirigenti e dei docenti delle istituzioni scolastiche calabresi non vi è altro che la volontà di ottemperare ad obblighi fissati dalle norme, anche nello spirito di dare agli allievi e alle famiglie un esempio di rispetto dei valori di quella legalità che, giustamente, si pretende da chi opera nella Pubblica Amministrazione.