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La prima malata di Alzheimer non fu la donna scoperta dal dottor Alzheimer in Germania ma una donna di Nicastro, Angela R. di 38 anni, che già nel 1904, quindi 3 anni prima che la malattia venisse scientificamente descritta da Alzheimer, era affetta da questa patologia, così come risulta dalla cartella clinica presente nell'ospedale psichiatrico di Girifalco.
Una scoperta che è stata fatta dal Centro Regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme, diretto dalla professoressa Amalia Cecilia Bruni, grazie al recupero di oltre 5mila cartelle, delle 16mila presenti nell’ex manicomio di Girifalco, tra le quali è stata individuata anche quella della donna di Nicastro, che presenta tutte le caratteristiche della malattia di Alzheimer.
Un nuovo importante risultato scientifico, quello del Centro Regionale di Neurogenetica lametino, tanto che è stato anche pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale "Journal of Neurology". Il lavoro dello staff diretto dalla prof.ssa Amalia Cecilia Bruni ha permesso infatti per la prima volta, prima che la stessa malattia venisse descritta, l'identificazione di una ammalata di Alzheimer. E questo è stato possibile grazie al lavoro certosino dell'équipe del CRN dell'Asp di Catanzaro, che è a ritroso di ben 6 generazioni fino al 1809.
«Angela R. è il primo vero caso di malattia di Alzheimer ed è nata qui e non in Germania – ha affermato Amalia Bruni – lo sappiamo con certezza poiché questa donna è l'antenato dei nostri pazienti con la mutazione di presenilina. Un omaggio alla nostra storia di Calabria, all'avanzamento delle conoscenze che questa famiglia continua a regalare alla collettività scientifica, un riconoscimento al nostro metodo di lavoro, un riconoscimento alla raccolta della storia clinica e all’osservazione che i nostri antenati neurologi sviluppavano in assenza di qualsiasi indagine, un omaggio a una delle tante donne colpite dalla malattia.
Bisogna combattere lo stigma a livello sociale – ha spiegato ancora – uno stigma che arriva dal passato, quando questi malati venivano ricoverati negli ospedali psichiatrici, per tenerli lontani dalla società. Il nostro lavoro è quello di abbattere questo stigma: un’azione che si può portare avanti con l'aiuto di tutti, per creare così una comunità capace di accogliere il paziente con demenza. Bisogna insegnare a tutti cosa significa avere l'Alzheimer, in modo da attuare un processo di accompagnamento e non di segregazione sociale».