L’accusa di danno erariale mossa dalla Procura della Corte dei Conti Calabria nel maggio 2014 nei confronti dell’ex capogruppo in Consiglio regionale di “Progetto Democratico” Vincenzo Ciconte è infondata. Sebbene, sia ancora in corso il procedimento penale che vede imputato il consigliere regionale e attuale candidato sindaco per la coalizione di centrosinistra alle amministrative di Catanzaro per il reato di peculato nell’ambito dell’inchiesta denominata Rimborsopoli, la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti si è nei giorni scorsi espressa sulla contestazione riguardante l’irregolarità di parte delle spese sostenute dai gruppi del Consiglio regionale.

 

La Procura contabile aveva, infatti, sollevato una questione d’illegittimità costituzionale sulla legge regionale 13/2002, modificata poi nel luglio del 2014 che introduceva la possibilità, in luogo del rimborso, di operare una compensazione. I contributi per le spese di funzionamento assegnati a tutti i gruppi consiliari negli anni 2012, 2013 e 2014 e oggetto di controllo sulla regolarità contabile sarebbero stati restituiti negli esercizi finanziari 2013, 2014 e 2015 nonché con le disponibilità derivanti da spese per il personale non utilizzate. La compensazione si sarebbe effettivamente verificata nel 2014 al termine della nona legislatura secondo quanto attestato nella deliberazione dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale del maggio 2015.

 

 

La Procura aveva però sostenuto che l’obbligo di restituzione delle somme utilizzate dai gruppi consiliari non si sarebbe potuto considerare adempiuto attraverso il sistema della compensazione attribuendo ai capigruppo del Consiglio regionale una diretta responsabilità amministrativa, i quali sarebbero chiamati a restituire direttamente le somme dichiarate irregolari dalla sezione di controllo.

 

 

Ma la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti ha riconfermato la potestà esclusiva in capo alle Regioni in ordine alla definizione delle forme, modi e tempi di rimborso al Consiglio regionale delle somme dichiarate irregolari nell’ambito delle attività di controllo sui rendiconti del gruppi consiliari. “Siccome la materia delle entrate del Consiglio regionale – scrivono i giudici contabili - è rimessa alla autonomia legislativa e regolamentare esclusiva dei Consigli regionali non paiono esistere spazi per un intervento della Procura della Corte dei conti a tutela dell’erario dal momento che l’entrata al bilancio trova compiuta disciplina normativa attraverso la legge regionale ed il suo regolamento attuativo”.

 

Luana Costa