«Qui siamo istigati alla violenza o al suicidio e, dopo stasera, anche alla schizofrenia». Assume toni drammatici l’intervento di Franco Paonessa, imprenditore di Squillace, nel corso dell’adunata di Assobalneari a Lamezia. Il tema tiene banco da giorni: l’applicazione della direttiva Bolkestein azzera le concessioni demaniali, mette in crisi gli operatori e in dubbio la prossima estate. Anni di investimenti persi e un futuro incerto hanno messo in subbuglio l’intera categoria che si è ritrovata a confrontarsi e sfogarsi al centro della Calabria.

Paonessa pone la domanda delle domande, al di là della retorica e delle ideologie: «Io domani apro o non apro? Questo vogliamo sapere. Apriamo o non apriamo?». Dal generale al particolare, l’imprenditore evidenzia la propria condizione: «Ho una concessione fino al 2033. Ho avuto un primo stabilimento balneare portato via dalla politica, il secondo dal mare, il terzo bruciato. Ancora una volta devo subire l’umiliazione di dovermi prostrare per scoprire se domani mattina potrò aprire o dovrò rimanere chiuso. Cosa dovrebbero fare gli imprenditori che domani mattina si vedono portare via la concessione? Noi siamo persone perbene, vogliamo solo lavorare e non ci interessa se al governo c’è la destra o la sinistra».

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Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia, consegna all’assemblea una visione più istituzionale. E aggiorna gli imprenditori sui passi che si compiono a Roma: «Abbiamo un tavolo tecnico che ha determinato con nove ministeri che la risorsa spiagge in Italia non è scarsa. Ed è chiaro che la normativa va applicata in maniera corretta: le gare si fanno soltanto quando la risorsa è scarsa». Per Licordari il cuore della questione è «lo scontro tra il potere legislativo e il potere della giustizia amministrativa che ci offre peraltro sentenze contrastanti, perché il Tar di Bari dice che le concessioni fino al 2033 sono valide».

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Questioni tecniche che collidono, ancora una volta, con i problemi pratici degli imprenditori. Giuseppe Rinaldi, di Cassano allo Jonio, punta i fari sulla confusione, «che è tanta e genera l’impossibilità di prendere una decisione in termini di investimento. In questa situazione di disorganizzazione organizzata non c’è la serenità: oggi siamo vivi, ma lo saremo ancora domani o arriverà un’altra sentenza a cambiare tutto? Io non so rispondere perché non sono un giurista, so soltanto che lottiamo per la sopravvivenza».

Paonessa riflette sulla confusione amministrativa: «Stamattina sono andato al Comune perché mi hanno obbligato a fare una richiesta di concessione provvisoria e il funzionario mi ha risposto “devo avere tempo, non possiamo farlo velocemente”. Forse negli uffici non capiscono che l’estate in Calabria è già finita: dura 40 giorni».

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I primi guai sono già iniziati: «C’è gente che ha in gestione locale e ci sono comunioni, battesimi, cresime che vengono festeggiati in questo periodo dell’anno e non sappiamo che risposte dare: abbiamo rifiutato prenotazioni per comunioni e battesimi – dice ancora Paonessa – perché non possiamo aprire. Come apriamo ci mettono le manette come i peggiori delinquenti. Aspettiamo che l’amministrazione comunale decida cosa fare: anche il Comune non sa cosa fare ma le nostre concessioni sono valide fino al 2033». Altri nove anni, almeno in teoria. In pratica si tratta di capire se gli stabilimenti apriranno domani. E certezze non ce ne sono.