Per un calabrese costretto a tornare in Padania è come avere con sé un talismano ma le implacabili norme di sicurezza vietano il trasporto in cabina. La cronaca semiseria di una separazione traumatica, con il simbolo della Calabria che finisce nel cestino dei rifiuti
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Aeroporto di Lamezia Terme. 7.34 del mattino. File interminabili ai controlli che già fanno presagire un rientro traumatico.
Torno a Mantova dopo le elezioni regionali. Giorni e notti di intenso lavoro per me e per un'intera redazione. Ma in fondo al tunnel, vedo la luce. O forse è solo lo schermo di un pc che analizza maniacalmente quanto contenuto nelle borse. Tutto giusto. Tutto normale.
Apro lo zaino, tolgo il portatile. Nulla mi preoccupa, i viaggi Calabria-Lombardia fanno parte della mia collaudata routine. Il periodo universitario, penso, non è mai finito.
Passo indenne il controllo ma da lontano qualcuno agita una mano mostrando una valigia blu. Ah sì, é mia.
«Signora, dobbiamo controllarla».
Nessun problema, penso. Non c'è nulla se non qualche prodotto calabrese posizionato da mia madre sul fondo. Apre la cerniera e butta tutto sul tavolo: una sciarpa, i limoni (sono quelli di casa mia, hanno un altro sapore), la provola (è quella locale, a Mantova non la trovo)....
E, chiusi in sacchetti sottovuoto, due pezzi di 'nduja.
La 'nduja per un calabrese nella nebbia della Padania è come l'acqua nel deserto. È come i "Monti sorgenti dalle acque" per Lucia dei Promessi sposi. La 'nduja è il legame con le proprie radici in terra straniera.
«Signora, non la può portare questa. O qualcuno la viene a prendere o bisogna buttarla».
Buttarla???
Sarà poco più di 300 grammi, dura e sottovuoto.
Sbianco. Mentre il film della mia vita scorreva lentamente e con i sottotitoli, mi viene in mente che da qualche parte avevo letto che la 'nduja non si poteva portare in cabina (solo in stiva). Reminiscenze bollate come ingiustizie sociali, leggende metropolitane. Da buona calabrese quale sono, quel piccolo dettaglio lo avevo cestinato.
Prendo il telefono, riesco a chiamare mia madre. Le comunico la notizia. S'incazza e inveisce più di me mentre l'addetta attende il responso.
Chiudo la telefonata mentre mamma ancora elenca le cose che lei è riuscita a trasportare nei suoi viaggi al Nord (tra cui “satizzi” e le uova nostrane…). Il mio animo sofferente sa cosa accadrà.
«Non può tornare indietro, è già per strada»
Il dramma si consuma in pochi secondi. La 'nduja, la mia sacra 'nduja, finisce nel cestone nero dell'immondizia... Il tonfo mi fa sussultare. Mai avrei voluto staccarmi da lei.
L’altrui mano, senza pietà, divise i nostri destini.
Amici calabresi pendolari, questa la mia testimonianza.
La 'nduja non può viaggiare con voi in cabina per quanto amore possiate provare per lei. In stiva, forse, lasciata alle fatalità del caso (mi era stato proposto di tornare indietro, pagare e imbarcare il bagaglio). Ma non con voi.
Io non mi arrendo e porto avanti la mia battaglia. La 'nduja è un diritto da garantire costituzionalmente.
Mi appello alle Istituzioni tutte!
Illustrissimi, apritevi al cambiamento. La ‘nduja non è un pericolo, la ‘nduja è nostra amica.
È mai stato ucciso qualcuno a colpi di ‘nduja?
Avete mai sentito di un attentatore che minaccia di farsi saltare in aria con una ‘nduja in mano?
Avete mai visto un pacco sospetto carico di ‘nduja pronto ad esplodere?
Si chiama "bomba calabrese" ma le deflagrazioni sono solo intestinali.
Signori illustrissimi, in quel cestino dei rifiuti io ho lasciato un pezzo del mio cuore.
*ps L'immagine che vedete a corredo del pezzo è ovviamente di repertorio. La mia 'nduja, a quest'ora, giace tra i rifiuti...
Un giorno, ne sono certa, ci rincontreremo. Ringrazio amici, parenti e colleghi che mi hanno dimostrato piena solidarietà.
Giusy D'Angelo
La riflessione ha suscitato un ampio dibattito sui social. Riportiamo il punto di vista di un responsabile del controllo bagagli allo scalo di Lamezia: «Le regole andrebbero cambiate. Ogni giorno cestiniamo un’eccellenza calabrese», ci ha raccontato.