La fotografia scattata dalla Cgia di Mestre regala alla Calabria un nuovo record negativo. Istituzioni pubbliche ingessate in tutto il Paese, con ricadute pesanti sulle imprese e gli investimenti sul territorio
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Ennesimo record negativo per la Calabria: Vibo Valentia e Crotone occupano rispettivamente l’ultimo e il penultimo posto in Italia per la qualità delle istituzioni pubbliche. E non se la passano meglio le altre province, con Reggio Calabria 98esima, Cosenza 95esima e Catanzaro 92esima. Tutte in coda, insomma, nella classifica stilata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre sul funzionamento della pubblica amministrazione in Italia. In cima alla graduatoria, di contro, tutte città del Nord: la top 5 vede svettare Trento, Trieste, Treviso, Gorizia e Firenze.
Impatto negativo sulle imprese
Un vero e proprio guaio per la Calabria e in generale il Sud, fanalino di coda, perché come sottolinea la Cgia l’inefficienza della pubblica amministrazione ha un impatto negativo sulle imprese private, in particolare su quelle più piccole. In poche parole, più la burocrazia è da incubo e più cala la produttività o addirittura frenano gli investimenti, con conseguente impoverimento del territorio. Lo dimostrano i numeri: la Cgia di Mestre cita uno studio dell’Ocse nel quale si stima che «nell’anno precedente all’avvento del Covid l’espletamento delle procedure amministrative richieste dalle istituzioni pubbliche al sistema delle imprese italiane ha sottratto a queste ultime ben 550 ore di lavoro che, tradotte in euro, equivalgono ad un costo complessivo pari a 103 miliardi di euro, di cui 80 sulle spalle delle Pmi e 23 su quelle delle grandi imprese».
La causa: troppe leggi e scritte male
Un problema che attanaglia tutto il Paese, ma che pesa ancora di più nel Meridione. Ma qual è la radice di tutti i mali? L'Ufficio studi della Cgia di Mestre ha una risposta: in Italia ci sono troppe leggi e scritte male. Una mole di norme, si stima circa 160mila, che è dieci volte superiore a quanto prodotto da Francia (7mila), Germania (5.500) e Regno Unito (3mila) messi insieme. Il fatto che siano tante, a volte in contraddizione tra loro, e per di più scritte in burocratese, le rende - secondo la Cgia - di difficile applicazione o comunque va a rallentare le attività della pubblica amministrazione, che così risulta ingessata. Ma c'è di più, perché «con tante regole, la discrezionalità dei funzionari aumenta» e questo crea «un corto circuito che in molti casi innesca comportamenti corruttivi o concussivi, purtroppo, molto diffusi in tutta Italia». La soluzione? Secondo la Cgila serve diminuire la mole di norme, scriverle meglio e mettere inoltre un freno all'abuso d'ufficio. Il tutto attendendo l'ammodernamento della pubblica amministrazione promesso dal Pnrr.