Alla due giorni promossa nel piccolo borgo del Reggino, la testimonianza del professionista che ha raccontato la sua passione: tradurre i cantautori italiani in greco calabrese
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Il convegno di Bova dedicato alla tutela delle minoranze linguistiche della Calabria, è stato uno dei momenti più sentiti e partecipati della due giorni di iniziative. Intanto perché per la prima volta erano presenti tutte le minoranze linguistiche calabresi. Poi perché sono intervenuti in tanti: le istituzioni, gli studiosi, gli storici, la parlamentare europea Giusy Princi, il rettore dell’università di Reggio Calabria, Zimbalatti. Il progetto è stato fortemente voluto dal Comune e dalla società editoriale Diemmecom (col patrocinio Corecom),
A colpire i presenti è stato l’intervento sentito e profondo di chi si è subito definito “un elettricista che si è appassionato alla lingua e alla cultura dei Greci di Calabria”.
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Lui si chiama Gianfranco D'Aguì
«Io ho una vita normale, m’impegno ad educare i miei figli attraverso l’esempio. La mia passione, oltre la tornitura del legno, è tradurre testi di cantautori italiani in greco di Calabria».
Lui studia, approfondisce, scrive perché è importante parlarne. Ma soprattutto tutelare questa storia millenaria.
«Si tratta di una popolazione che dedicava la maggior parte del loro tempo a prepararsi “all’inverno”. E grazie a questo “sacrificarsi” apprendeva i veri valori della vita. Poche distrazioni se non il ballo, il canto e la musica come vera espressione dell’anima. La storia la “facevano” loro. Non avevano libri o mezzi di comunicazione ma solo i racconti degli anziani, e grazie a questo la mente doveva vagare per “vedere” quanto raccontato e tramandato. La lingua racchiude tutto quello che ho citato prima».
Cerchiamo di capire cosa è successo nel momento in cui parte dei grecanici si è integrata con il resto della popolazione calabrese.
«Si è innescato, in alcuni di loro, un processo di assimilazione che gli ha fatto dimenticare quanto fosse importante la comunità di origine, quanto fosse vitale il ruolo di loro anziani. Il greco di Calabria, restio a dare ai giovani la possibilità di ascoltare le discussioni su argomenti importanti, vive esclusivamente per insegnare e per tramandare le proprie conoscenze».
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Da Bova è arrivato, nella due giorni di iniziative, un segnale positivo.
«Il fatto che ci fossero tutte le minoranze linguistiche lascia ben sperare. La partecipazione di tutte le minoranze fa ben sperare perché essere uniti e sostenersi reciprocamente, tra comunità minoritarie, ci rende più forti. Ma se non lasciamo indietro il “guadagno economico” curando con maggiore impegno il “guadagno interiore, tramanderemo una cultura sterile che morirà o risorgerà dopo l’ultimo finanziamento dello stato. L’elemosinare non appartiene alla cultura dei fieri grecanici».
L’ intervento di Gianfranco l’elettricista ha colpito molto. Perché ha parlato con il cuore. Perché il grecanico è la sua anima. È vive nel profondo della vita di Gianfranco.
«Il grecanico, a mio avviso, si può parlare solo con il cuore e con il fegato. Rende meglio l’idea quanto ho scritto in: ‘ Dove è andato a nascondersi.».
E questo è il finale dello splendido testo dal titolo: Pù eghiài na tòn crìspi.
“Dove è andato l’uomo che non ha paura di parlare;
Dove è andato l’uomo che non si vergogna di nessuno;
Dove è andato l’uomo che non ruba le idee altrui;
Dove è andato l’uomo che sa ancora rispettare;
Dove è andato l’uomo che quando ha ragione pure se si tratta di una lupa o di un orso li “mangia” interi e non deve “bagnare” me il morso ne il boccone;
Dove è andato a nascondersi il greco che somiglia al “Massaraci” di Gallicianò
Dove è andato a nascondersi il vero greco di Calabria”.