VIDEO | Università, amministratori, ordini professionali e associazioni coinvolti nella seconda edizione dell'evento che è stata inaugurata a Forte Batteria Siacci. Due i macro temi da affrontare: Linee d’acqua e Città del futuro
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Pluralità e condivisione. Sono questi i cardini su cui poggia la solida realtà della Biennale dello Stretto, giunta alla sua seconda edizione, inaugurata oggi e visitabile fino al 22 settembre prossimo a Forte Batteria Siacci, luogo “invisibile” svelato e tornato fruibile, nel comune di Campo Calabro.
L'evento, sviluppato da un progetto culturale ideato dall'architetto Alfonso Femia, torna dunque ad indagare in modo critico e propositivo il tema del territorio e del Mediterraneo attraverso talk, dibattiti e mostre che si svolgeranno tra la Calabria e la Sicilia e coinvolgeranno diversi soggetti, oltre che dal fondatore storico – la società 500x100sb - e da Oapcc Reggio Calabria, anche Ance Reggio Calabria, Ordine degli Architetti di Messina, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Università degli Studi di Messina, Associazione per il Disegno Industriale nazionale, e da altri soggetti pubblici, amministrazioni e istituzioni.
Repaci: «Vogliamo che il polo espositivo rimanga qui»
«È stata una fatica enorme. Non tanto e non solo per il comune di Campo Calabro ma anche per tutti i nostri partner e per l'organizzazione della Biennale dello Stretto». Ha esordito così il padrone di casa, il sindaco di Campo Calabro Rocco Alessandro Repaci, parlando di un processo lento che però anno dopo anno si è consolidato: «Questa edizione della Biennale si occupa delle città del futuro ed è per noi l’occasione di riflettere come amministrazioni locali su quali sono le cose che vogliamo provando a ragionare di rigenerazione del territorio».
Il primo cittadino campese ricorda i centoquarantamila metri quadri - di cui diecimila coperti, centinaia e centinaia di metri di gallerie e fossati che si estendono per duemilasettecento metri quadri, oltre cento ambienti - di Forte Siacci: «una grande responsabilità, una grande impresa sociale ed economica che abbiamo intrapreso per dare una prospettiva di sviluppo alla nostra comunità. Ma non ci accontentiamo di mettere un cartello fuori dalle mura, vogliamo entrare in competizione con le grandi strutture europee e vogliamo che questo continui a rimanere il polo espositivo principale della Biennale dello Stretto».
«Essere qui, oggi, è la vera scommessa», invece, per il vicesindaco della Città Metropolitana di Reggio Calabria, Carmelo Versace. «Essere riusciti a puntare su un qualcosa di nascosto, di misterioso, ma che esprime tanta bellezza, tanta arte, tanta cultura e ovviamente essere riusciti anche a presentare questa imponente struttura anche fuori dai confini nazionali era la vera scommessa che un po' tutti ci si era posti quindi essere qui ancora una volta non può che essere motivo d'orgoglio non soltanto per gli organizzatori ma soprattutto per le istituzioni che ci hanno creduto».
La Biennale… da esportazione
Sono due i macro-temi, uno incastrato all’altro, in una relazione reciproca attraversati da una molteplicità di storie e di progetti, della seconda edizione della Biennale dello Stretto. Il primo, “Le tre linee d’acqua” già affrontato nella prima edizione e, in controtendenza con l’usa e getta degli argomenti, riconfermato per il 2024. Il secondo “Le città del futuro”, declinato per i caposaldi dello Spazio Pubblico, della Mobilità urbana e delle Infrastrutture, dell’Abitare e della Cura, della Scuola e dei Baricentri culturali della città e orientato all’innovazione progettuale e di processo.
In queste linee generali si inquadreranno i progetti esposti al Forte Batteria Siacci, organizzati per sessioni e curatele distinte.
«Di questo evento – dice l’architetto Alfonso Femia - abbiamo voluto dare l'idea di continuità su un tema molto forte, come quello dell'acqua, ma gli ultimi due anni la Biennale ha anche guardato ciò che succede nel mondo, nella società e quindi il tema guida insieme all’acqua è il tema Città del futuro. È descritto proprio come città del futuro, non il futuro delle città, in quanto ha sempre questa visione trasversale di ciò che accade intorno alle città. Discutendo, ragionando con più di duecento contributi internazionali su cinque azioni che riteniamo siano fondamentali per un confronto sociale, politico, tecnico e che saranno poi la risposta delle “call to action” e che sintetizzano quello che presenteremo, che riguardano le condizioni e il tempo, gli spazi pubblici ovvero i luoghi della relazione, il tema dei baricentro della società, le scuole, i luoghi della cultura, l'abitare dei luoghi, del lavoro, e poi l'acqua come logica di equilibrio».
Si tratta di una sfida ancora più grande della precedente, per l’architetto Mariangela Cama: «Siamo andati oltre i confini del Mediterraneo, del nazionale. È una Biennale che va lontanissimo, arriviamo in Cina, in America, ed è proprio questo sconfinare che vuole annullare, ridurre le distanze». È e resta comunque una Biennale che parte dall'architettura. «L'abbiamo sempre detto, è il motore di questa Biennale ma non è il solo perché praticamente rilancia tutte le arti insieme che sono parte integrante e fondante di questo progetto culturale».
Completa il trio di direttori l’architetto Francesca Moraci che insite su due concetti fondanti, da una parte le connessioni - che sono la chiave strategica di sviluppo per tutto il Mediterraneo, dall’altro la coralità.
«La Biennale dello Stretto è un collegamento potente, in cui l’interdisciplinarietà è il cuore che contribuisce alla conoscenza, alla sperimentazione, alla crescita. È un progetto corale che si sviluppa con la partecipazione del territorio. Non ci può essere nessun'altra formula che quella del confronto, del rapporto paritetico, del dialogo, della promozione e quindi un pensiero nuovo, una modalità nuova con cui attuare il futuro in questo territorio estremamente vulnerabile e certamente affascinante».