Valerio Formisani e Manuelita Scigliano sono tra quelli che hanno scelto con decisione da che parte stare. La parte giusta del mondo, si può dire senza timore di smentita, perché tale è senza ombra di dubbio quella in cui ci si mette in gioco per prendersi cura degli altri, degli ultimi.

Valerio Formisani è il medico di tutti, un marchio che si è guadagnato fondando e operando in prima linea a Cosenza nell’Ambulatorio senza confini dell’Auser. Un marchio che non porta come una medaglia appuntata al petto, ma come onere da assolvere per dare il proprio contributo alla costruzione di una società migliore.

Manuelita Scigliano a Crotone è volontaria dell’associazione Sabir, una che la materia dell’accoglienza la conosce a fondo perché la tocca con mano quotidianamente.

Dagli studi di LaC Tv, dove sono stati ospiti di Pier Paolo Cambareri nel programma di approfondimento Dentro la notizia, le loro voci si sono fuse in una soltanto: basta considerare quello delle migrazioni un fenomeno emergenziale.

«Dopo decenni continuiamo ancora a trattarlo con questa logica», dice Scigliano. Una logica, sottolinea, che impedisce di trovare soluzioni strutturali e dunque durature.

È quanto sta succedendo nella Piana di Gioia Tauro, con il un nuovo allarme da parte di alcune associazioni per una situazione, nella tendopoli di San Ferdinando, che, a loro dire, rischierebbe di diventare ancora incandescente e che riporta con la memoria alla rivolta di Rosarno di 15 anni fa.

«Succede lì ma succede un po’ ovunque», commenta la volontaria. Il problema è la mancanza di soluzioni che permettano a chi arriva nella nostra terra di sentirsi parte delle comunità in cui si trovano inseriti. «E così si creano zone di confine». E i fatti di cronaca che ne scaturiscono e che «sono figli di questo approccio».

Le soluzioni a cui allude la volontaria non sono e non possono essere, ovviamente, le baraccopoli: «E nemmeno abbellirle», precisa. «Non basta trovare delle toppe, servono soluzioni alternative che siano radicali e sostenibili nel tempo».

«Le persone si spostano spinte da guerre, povertà e questioni ambientali – le fa eco Formisani –. Parlare di emergenza serve solamente a chi pensa di spostare il problema, facendo finta di non vederlo, e lucrarci sopra».

Un clima, spesso, alimentato da chi governa, che crea ad arte la percezione della mancanza di sicurezza associata al fenomeno migratorio.

«È un fatto culturale – evidenzia Formisani –. Siamo in un momento in cui questo senso di insicurezza è incrementato per un calcolo politico. All’inizio il fenomeno poteva sembrare emergenziale anche perché le nostre strutture non erano in grado di recepirlo. Ma parlare oggi di emergenza così come parlare di volontariato non ha senso. Non è pensabile che dopo tutto questo tempo non ci sia un’idea di come inserire le persone che vengono da fuori in canali normali».

Cambareri solleva poi l’altra grande questione legata alle migrazioni: quella dei minori non accompagnati. Una questione sulla quale chi opera in prima linea è costantemente al lavoro. «Da qualche mese abbiamo avviato un centro straordinario di accoglienza per minori non accompagnati sotto il controllo della Prefettura di Crotone – racconta Scigliano –. Di fatto il fenomeno negli ultimi tempi è esploso, soprattutto nel 2023, anno in cui c’è stato l’arrivo di migliaia di ragazzi. Numeri allarmanti». Adolescenti ma anche bambini di pochi anni che i genitori affidano al mare e alla speranza di una vita migliore. «È un atto di fiducia anche nei nostri confronti – afferma la volontaria di Sabir –. Sperando che noi possiamo avviarli alla vita che meritano. Ma purtroppo non è sempre così. I dati ci dicono che molti minori stranieri scompaiono, innanzitutto perché non ci sono abbastanza posti per accoglierli. Così si ritrovano spesso in canali molto pericolosi. Alcuni si spostano all’estero per raggiungere le famiglie ma molti non si sa dove finiscono. Questo la dice lunga su quello che stiamo diventando, perché se non siamo capaci di occuparci di queste persone la storia prima o poi ce ne chiederà conto».

«Non è solo un fatto di tipo morale – argomenta Formisani –. È un problema di struttura della civiltà che vogliamo. Il problema dei minori è ancora più grave perché non riusciamo a capire che fine fanno. Dobbiamo ritrovare non solo la linea tracciata dalla Costituzione, perché è l’unica che ci permette di guardare con serenità a quello che dobbiamo costruire, ma soprattutto dovremmo capire che andando avanti così si andrà sicuramente a sbattere».

Ma non ci sono solo i migranti nella schiera degli ultimi. Cresce anche la richiesta da parte della cittadinanza locale che non riesce più ad accedere ai servizi primari.

E allora a poco serve agitare lo spauracchio dell’insicurezza quando il tema è tutt’altro e riguarda i diritti delle persone. Di tutte le persone.

«Dovremmo capire come opinione pubblica che siamo vittime di una mistificazione – dice Scigliano –. Sulla paura si crea consenso. Si continua ad agire in logica emergenziale perché è una zona d’ombra e nelle zone d’ombra tutto è possibile. Questo è il risultato di norme e politiche che favoriscono questo stato di cose. Rendere difficile il percorso di accoglienza e integrazione non fa sparire i migranti ma li fa restare nei nostri territori da irregolari, da persone che non hanno alcuna possibilità di integrarsi correttamente e così si troveranno costrette a vivere in uno stato precario e ad attuare scelte di illegalità perché devono sopravvivere. Si crea disagio sociale e su questo si costruisce consenso politico».

Formisani affonda: «Non riuscire a governare il fenomeno vuol dire non avere la capacità di governare». L’accoglienza e l’integrazione sono fenomeni complessi, ricorda. Che hanno a che fare con vite difficili, spesso con chi ha subito violenze e torture. «Traumi inenarrabili». E spesso per comprendere chi arriva da queste esperienze non basta una giornata. Figurarsi, continua il medico, se si può dopo appena mezz’ora di colloquio decidere cosa fare di queste persone.

Serve un cambio di rotta. Deciso. Nel frattempo, c’è chi come Valerio Formisani e Manuelita Scigliano continua a spendersi in prima persona. A fare la sua parte nella parte giusta del mondo. Facendo – questo è fondamentale – rete.

«Tutto quello che stiamo facendo non sarebbe possibile se non esistesse una rete di persone che parte dai volontari. I volontari sono il fulcro di tutto», rimarca Formisani. Ma c’è un problema, aggiunge Scigliano: «Si continua a operare all’interno delle reti con una logica di concorrenza, invece dovremmo iniziare a capire che non siamo concorrenti, ma concorriamo per la stessa causa. E dovremmo imparare a fare anche rete con le istituzioni, perché il terzo settore da solo può fare poco e così le istituzioni da sole».

Infine, qualche parola la meritano i sindaci con il coraggio di prendere, anche loro, posto nella parte giusta del mondo. Mimmo Lucano, su tutti. Ma non solo, per fortuna. «Manca però – osserva Formisani – la capacità di centralizzare queste esperienze». Di passare dall’eccezionalità alla normalità. E conclude con una nota amara: «Dall’altra parte c’è gente che non ha intenzione di risolvere questi problemi. Né le idee per farlo».