È davvero differenziata l’Autonomia secondo il governatore del Veneto Luca Zaia: vuole più poteri per la sua Regione, ha iniziato una battaglia contro il referendum ma, quando c’è da saldare debiti per investimenti andati male, è pronto a chiedere l’aiuto dello Stato.

Il guaio per i conti si chiama Pedemontana Veneta. Nei giorni scorsi la questione ha tenuto banco sulla stampa locale: un cortocircuito politico nato proprio sulle ali dell’Autonomia differenziata. L’autostrada è stata costruita soprattutto con fondi regionali ma su presupposti troppo ottimistici: cento chilometri di corsie ancora da finire sono stati pagati (e lo saranno) a peso d’oro e costruiti sulla base di stime di traffico gonfiate che avrebbero mantenuto bassi i pedaggi. E invece no: il privato le gestisce in perdita, ma la Regione copre un buco a colpi di centinaia di milioni l’anno grazie a un accordo firmato proprio da Zaia nel 2017.

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All’epoca il governo nazionale e la Cassa depositi avevano rifiutato di finanziare l’opera considerando inconsistente il piano economico. Il fatto è che il contratto di concessione della Pedemontana Veneta fino al 2059 vale 12 miliardi: il rischio è quello di creare una voragine nel bilancio regionale. Anche i governatori più apprezzati scivolano su qualche buccia di banana. Il buco nei conti – segnala Italia Oggi – è stato ripianato aumentando l’Irap, con tutto il seguito di contestazioni che si può immaginare. Certo è che l’autostrada è ancora lì e la gestione in passivo ricadrà sui veneti. È a questo punto che l’autonomia secondo Zaia diventa davvero differenziata. Perché il governatore tenta la soluzione più semplice, quella di accollare i costi allo Stato. Vuole nazionalizzare la Pedemontana, così il passivo non lo pagheranno soltanto i suoi cittadini ma tutti gli italiani.

Così l’Autonomia da differenziata diventa selettiva: se ci sono conti da pagare torna di moda lo Stato unitario. Zaia spera di trovare sponda, nel progetto di nazionalizzazione del debito, nel ministro dei Trasporti Matteo Salvini, leghista come lui (anche se, per stare alle vecchie categorie della politica, i due appartengono a correnti diverse). L’obiettivo del governatore, secondo i retroscenisti politici, è quello di infilare, complice Salvini, un emendamento al ddl Concorrenza che riforma le concessioni autostradali per accollare allo Stato la Pedemontana e il relativo buco.

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Non è cosa da poco: il contratto prevede che la Regione incameri i pedaggi ma garantisce loro un introito minimo, e siccome i pedaggi non riescono a raggiungere un certo livello, per pagare il canone ai privati la Regione deve fare un buco di bilancio. Lo scorso anno è stato di circa 30 milioni: il Veneto verserà 165 milioni (per il 2023), cioè i 135 incamerati coi pedaggi più 30 in deficit per arrivare al livello di canone pattuito. A questo si aggiunge la somma iniziale investita: 615 milioni dallo Stato e 300 dalla Regione mentre i privati – sempre secondo Italia Oggi – hanno messo hanno messo circa 1,3 miliardi ed è stato calcolato che alla fine dei 39 anni ne avranno incamerato (tra cash e canoni) circa 15.

Larchitetto Massimo Follesa, ex consigliere comunale civico a Trissino (Vicenza), ha seguito la vicenda fin dal principio e non ha dubbi: «La riforma della legge sulle convenzioni autostradali con cui Salvini intende portare anche la Pedemontana sotto l'ala del bilancio nazionale nasconde il tentativo maldestro e inaccettabile di salvare il budget regionale veneto dal contratto capestro stipulato nel 2017 col concessionario privato».

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Zaia, da parte sua, considera la strada «un esempio di efficienza, di sostenibilità e rispetto ambientale. Siamo davanti a un’opera che ridisegna il Veneto e il modo di percepire le distanze nella nostra regione. Stiamo parlando della più grande nuova infrastruttura viaria in Italia». Un’infrastruttura che fa debiti milionari in Veneto: per il governatore che spinge di più sull’acceleratore dell’Autonomia differenziata quei debiti dovrà pagarli anche il Sud.