«Quando ero giovane, quest’ospedale era un’altra cosa». Il tempo, nel caso del presidio “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme, non ha giovato né migliorato l'offerta. Tutt'altro. La città di Lamezia da anni assiste, inebetita, a un progressivo impoverimento di una maxi struttura, che a guardarla dall’esterno stupisce per la grandezza architettonica della facciata ma che nasconde, la fragilità dell'argilla. Pasquale Motta, questa mattina, si è calato nella Calabria reale, quella lontana dai Palazzi, che ogni giorno affolla gli ospedali, i reparti, che paga le tasse ma si trova a soffrire per la mancanza di servizi efficienti e salvavita. 

«Mio padre doveva operarsi di cataratta – racconta un passante - ma la lista d'attesa era molto lunga ed è passato un anno prima di potersi operare». A tastare il polso delle persone che ogni giorno hanno bisogno di cure, il battito di questa sanità è sempre più debole. Il refrain è sempre quello: o ti metti in fila, aspetti e ti armi di santa pazienza, oppure paghi un privato e ti sottoponi subito a quella Tac che altrimenti ti toccherebbe tra molti mesi.

Un  intervistato si presenta come un ex dipendente dell’ospedale. «Prima c’era più umanità tra le corsie, adesso è complicato anche effettuare una prenotazione. La situazione potrebbe migliorare? Sì, ma solo se cambiano gli uomini».

Un altro signore ha un bel po’ di problemi di salute. Racconta il dedalo di percorsi in cui si è incastrato, tra burocrazia e disservizi. «La mia prenotazione per la visita al cuore è scivolata a settembre, tempi lunghissimi anche per un’ecografia. Ho prenotato anche una visita oculistica venti giorni fa e se ne riparla, se tutto va bene, a novembre».