Una relazione del 2019 mette nero su bianco le anomalie nella composizione del personale. L’ha firmata il manager che ricorda le ispezioni del Miur: «Ci chiese indietro tutti i fondi stanziati, penso che la causa sia ancora in corso»
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La (possibile) soluzione è stata messa nero su bianco nel 2019. L’allora presidente della Fondazione Terina Gennarino Masi provava a tracciare un percorso per far uscire l’ente dalle secche della crisi: «Si fa presente che il personale amministrativo e delle guardie è eccessivo rispetto alle necessità della fondazione, pertanto ho più volte rappresentato l’auspicio che parte di esso possa trovare un più consono utilizzo in altre strutture sub regionali. Ciò consentirebbe alla Fondazione di liberare risorse da investire nel potenziamento del personale di laboratorio, con grandi vantaggi per la Fondazione stessa». Nulla di fatto: l’avvocato Masi lo ha confermato davanti alle telecamere di LaC nella puntata dedicata da Dentro la Notizia al grande spreco dei laboratori che prendono la polvere nell’area industriale di Lamezia Terme.
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«Quando sono arrivato qui nel 2018 – ha spiegato Masi – ho trovato una situazione allarmante, con una forza lavoro di 40 dipendenti e una dotazione economica della Regione di 1,3 milioni di euro. Il costo del personale era superiore ai fondi disponibili». Debiti accumulati e finanziamenti insufficienti: Masi ha lavorato per garantire al personale la retribuzione. Tra i debiti «c’era di tutto». Ma il problema principale «era l’avvio dei laboratori, che necessitavano di figure qualificate: mentre mi trovavo un esubero di personale dal punto di vista amministrativo e della vigilanza, c’era una carenza sotto l’aspetto della qualità necessaria a rendere produttive le apparecchiature. Abbiamo tentato il trasferimento del personale in esubero in altri enti sub-regionali: ci siamo riusciti con una sola dipendente per la quale è stato disposto il comando in Arcea. Tutti gli altri enti sub-regionali al momento di concretizzare non si sono resi disponibili a prendere il personale». Con i 40 dipendenti sul groppone e così pochi fondi «non si potevano fare investimenti per prendere un direttore scientifico o dei ricercatori». Ecco spiegato il paradosso: i 14 milioni di euro investiti dal Miur erano fiches puntate su una struttura che non avrebbe potuto metterli a frutto perché aveva più amministrativi e guardie giurate che tecnici e ricercatori. E invece bisogna «assumere ricercatori, un direttore scientifico, affinché la strumentazione nel laboratorio possa funzionare non un giorno a settimana per tutto l’anno».
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Questa anomalia strutturale si somma a un’indagine iniziata nel 2016, quando Masi non era ancora arrivato. L’inchiesta della Guardia di finanza, dice l’ex presidente di Terina, «riscontrò una serie di criticità per il progetto Food@Life e queste vennero poste all’attenzione del Ministero dell’Istruzione», che aveva finanziato con oltre 14 milioni di euro il piano operativo e l’acquisto dei macchinari. Arriva così una prima ispezione ministeriale: il Miur chiede inizialmente la restituzione di circa 900mila euro (Masi parla nella sua relazione del 2019 di una cartella esattoriale di 973mila euro) come revoca parziale del finanziamento per spese non riconosciute.
«In un secondo momento – ha evidenziato ancora Masi – è arrivata la contestazione di tutto l’importo erogato perché si riteneva che non erano stati raggiunti una serie di obiettivi del progetto finanziato. C’era tutta una serie di contestazioni alle quali ci siamo opposti, tant’è che durante la mia gestione fu dato anche l’incarico per impugnare il provvedimento del ministero che chiedeva la restituzione di tutte le somme: penso che la causa sia ancora in corso».
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Ci sono ancora delle parentesi da chiudere attorno al grande spreco dei laboratori. La più importante riguarda le intenzioni della Regione, con il commissariamento in corso e le scelte sul futuro della Fondazione. Ma molto dipende anche dal contenzioso con il ministero, che Masi considera ancora in corso. Una cosa è certa: con una schiera di amministrativi e guardie giurate e senza un direttore scientifico è difficile che il gioiello iper tecnologico di Terina inizi a brillare.