Aldo Pisano, di lui si parla tanto in questi giorni. È appena atterrato in Italia dopo una bella esperienza americana, ma ha già le valigie pronte per nuovi impegni. Si occupa essenzialmente di intelligenza artificiale. Ha 31 anni, vive a Casali del Manco (esattamente a Pedace).

Ma chi è veramente Aldo Pisano lo chiediamo a lui stesso: «Fondamentalmente sono un curioso e, ahimè, lo sarò sempre. Ho conseguito la laurea in Scienze Filosofiche all’Unical e collaboro dal 2018 per la cattedra di Etica con la professoressa Ines Crispini. Sono anche docente di ruolo nelle secondarie di secondo grado. L’incontro con i ragazzi mi offre tantissimo e sono grato ogni giorno in cui entro in una classe per dialogare con loro. Al momento sto frequentando il dottorato nazionale in Learning Sciences and Digital Technologies al DiCES dell’UNICAL. Mi occupo principalmente di Etica e Intelligenza Artificiale. I miei altri ambiti di ricerca sono Etica narrativa e Didattica della filosofia».

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Aldo è appena rientrato dagli USA dove ha partecipato al convegno mondiale sull’AI, a San Jose in California. Quali le novità?
«Nella Silicon Valley c’è molta attenzione suoi nuovi sistemi di IA Generativa, il Summit organizzato dalla Linux a cui ho partecipato era focalizzato su questo. Ho inaspettatamente notato molta sensibilità sul tema della responsabilità di utilizzo. Sia in riferimento ai problemi relativi a potenziali bias e agli errori nella restituzione delle risposte da parte dei Large Language Model, sia nel volerli rendere più aperti e trasparenti».

Interessante parlare degli studi umanistici di Aldo coniugati alla passione per l’Intelligenza Artificiale.
«Dal punto di vista filosofico, la “questione della tecnica” è trasversale all’intera storia delle idee. Sia per i risvolti antropologici in quanto tematizza la posizione dell’uomo rispetto alla natura, sia per i risvolti etici e bioetici sull’uso della tecnica e sul suo impatto su noi stessi, sul mondo, sulle future generazioni»

Di certo, l’IA oggi rappresenta un passaggio cruciale…
«Esattamente, in quanto parliamo non di un semplice strumento, ma di una tecnologia pervasiva, adattiva e che può raggiungere livelli di autonomia anche elevati. Tematiche da tempo note e di cui in Italia si occupa nello specifico SIpEIA, la Società Italiana per l’Etica dell’Intelligenza Artificiale».

L’intelligenza artificiale è un tema che appassiona, fa discutere esperti a livello internazionale. È un rischio? No, è un’opportunità! Anzi è una nuova rivoluzione
«Domanda complessa, non credo di essere adatto a rispondere, ma posso provare a fornire qualche indicazione in base alla mia ricerca. Credo che oggi più che mai la riflessione sull’IA richieda un approccio interdisciplinare. Con le nuove tecnologie bisogna sempre ragionare in termini di rischi e opportunità prevedendo un bilancio, il che delinea già un approccio etico. La riflessione è oggi oggetto anche di normative internazionali (es. il recente AI Act europeo). Un approccio etico funzionale è quello che pensa a una convivenza con l’IA in senso umano-centrico, magari riconfigurando gli spazi ma senza ridurre la complessità e il livello di incertezza. Questi ultimi sono requisiti fondamentali per lo sviluppo dell’autonomia umana, cognitiva ed etica. Per il resto, nella società dei dati l’IA salverà vite e ci sostituirà nei compiti ripetitivi dandoci il tempo di dedicarci ad altro. Bisogna però costruire interventi etici e giuridici per rimanere nei giusti livelli di distribuzione della responsabilità».

Aldo ha lavorato alla tesi all’Università di Aix-Marseille con un fisico di grande fama come Carlo Rovelli.
«Una figura straordinaria e leggera. Ma anche genio ribelle. Ricordo quando si mise a cercare su G-Maps Pedace per capire le mie origini. Era il 2017 e proprio allora stava lavorando sui buchi bianchi con Hal Haggard che lo aveva raggiunto lì a Marsiglia.  Personalmente, vale quello che dice Povia di Terzani: Rovelli, insieme ad altri, mi ha insegnato che “più cammini, più ti perdi e più ti trovi”. L’umiltà nella vita si acquisisce grazie alla continua ricerca. C’è una proporzionalità forte fra la consapevolezza dell’infinitamente grande e il sentirsi infinitamente piccoli. A volte fa paura, a volte incoraggia. Rovelli lo sa bene e questo sa trasmetterlo».

In un mondo iper-tecnologico, sempre più dominato dalle nuove tecnologie, si combattono nuove sanguinose guerre. Mentre esplode nel mondo la violenza contro le donne, e in Italia ne vengono massacrate 120-130 all’anno. Ma in che mondo stiamo vivendo?
«Altra domanda non semplice. Però mi verrebbe da dire, senza banalizzare, che viviamo nel mondo in cui abbiamo sempre vissuto. In realtà, in una prospettiva storica, quello che fa più rabbia è che oggi siamo più informati su questi eventi e questi temi senza però avere la forza dell’uomo in rivolta. La storia torna d’aiuto per sostenere le nostre scelte e offrirci altre prospettive. Non ricordiamo per renderci inattivi o per un mero vezzo intellettuale, ma per conoscere “le storie”, i finali alternativi di strade che avremmo potuto percorrere. Ma gli scenari geopolitici sono dominati da pulsioni e forze vitali che non cedono al controllo».

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Il vostro ruolo è ricordare che esiste la via della pace, anche solo come ideale regolativo.
«Il Bene non si esaurisce nel mondo, ma è un’idea che deve dare forza al mondo. Scusate se in questo suono troppo platonico, ma l’etica come ricerca riesce a fornire i giusti orientamenti, soprattutto nei periodi di transizione come questi in cui la forza della tradizione vacilla ed è necessario ripensarsi. Evolvere significa cercare nuove forme del bene come possono esserlo oggi inclusione e pluralismo. Non però come parole su carta, ma come atteggiamenti virtuosi che costruiscono nuovi modelli educativi. Allargare l’esperienza valoriale delle nuove generazioni, esporli a un mondo di diversità (di etnia, di genere, di religione) è il modo in cui si educa alla diversità senza imporla; l’imposizione comporterebbe il rischio di contro-offensive ideologiche sempre più radicali. In questo quadro, lo spazio virtuale che si allarga, che offre nuove visioni, incentiva processi interculturali, di condivisione e può costruire nuove forme e reti di dialogo»

Il pianeta Terra sembra avviarsi sempre più verso una fase di sconvolgimenti climatici. L’uomo è decisamente impotente e in grave ritardo nella giusta reazione. Ci aiuteranno le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale? Nasceranno da qui le nuove “armi” per salvare il pianeta?
«Assolutamente si e assolutamente no. Per il si: l’IA lavora meglio con i Big Data, ha una potenza e una velocità di calcolo da utilizzare in tutti i settori e, soprattutto, ha una capacità predittiva su un certo tipo di fenomeni. Questa è una delle opportunità: l’IA per la sostenibilità ambientale e sociale».

E  per il No?
«Questo è un problema di retorica. Noi parliamo di “IA” come un soggetto agente intenzionale, ma non lo è. Sarebbe meglio dire che “chi” controlla l’IA salverà il mondo. Il nostro approccio critico all’Intelligenza Artificiale serve proprio a tutelare questo: a fornirle la giusta direzione d’uso, evitando forme di monopolio. Mi viene sempre da dire Deus “est” machina, come se l’IA non potesse fallire solo perché funziona secondo un modello matematico e dall’alto offre soluzioni belle e pronte, adatte a ogni situazione. In realtà l’intelligenza è altro: è sensibilità al contesto e frame analysis, ricerca di soluzioni inedite mediante dibattitodemocratico. Ecco bisogna evitare questo tipo di esonero della responsabilità individuale e collettiva, facendo dell’IA uno strumento di supporto e non di sostituzione».

Aldo Pisano dove vede il suo futuro? Per fare cosa?
«Domanda problematica. Che sia all’università per ricerca, che sia nella scuola con i ragazzi spero solo di essere da qualche parte, nel mio piccolo, a offrire un contributo sociale. Le persone con cui entriamo a contatto ogni giorno, anche se per breve, sono lo specchio della nostra vita in base al ricordo che decidiamo di lasciare di noi. Ma non per mera compiacenza, quanto per raccontare la nostra storia e dedicarla agli altri sperando di aver lasciato un esempio significativo».