Questa mattina l'inaugurazione dell'esposizione che resterà in città fino al primo marzo. Presente anche il vescovo Parisi che ha sottolineato il rapporto con la fede del magistrato ucciso dalla mafia nel 1980 e recentemente proclamato beato
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"Sub tutela Dei - Il giudice Rosario Livatino". È questo il titolo della mostra inaugurata presso il Tribunale di Lamezia Terme, dove resterà, al piano terra, fino a venerdì 1 marzo. Il Tribunale dunque apre le sue porte al pubblico ed invita alla riflessione sui temi della giustizia e della legalità, soprattutto i giovani studenti. In occasione dell'inaugurazione della mostra si è svolto il convegno sul tema "Fede e Giustizia" che ha visto al tavolo il vescovo di Lamezia Terme, monsignor Serafino Parisi, il procuratore della Repubblica Salvatore Curcio, il presidente dell'Ordine degli avvocati, Giuseppe Pandolfo, il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello, Giuseppe Lucantonio, il presidente del Tribunale Giovanni Garofalo e la presidente vicaria della Corte d'Appello di Catanzaro Gabriella Reillo.
In ricordo | Il giudice Rosario Livatino raccontato nella mostra itinerante “Sub tutela Dei” in arrivo a Melito e a Reggio
Sotto i riflettori la figura di Rosario Livatino, il giudice ragazzino, come lo aveva etichettato per primo Francesco Cossiga, ma, soprattutto il giudice beatificato nel 1986. Barbaramente assassinato nel 1980 dalla mafia, questo magistrato fuori dal sistema ancora oggi, così come è stato detto dai relatori del convegno, rappresenta un faro, la strada da seguire per chi opera nel mondo della giustizia ed intende l'esercizio della legalità, non solo una professione ma, soprattutto uno stile di vita. «Da magistrato - ha infatti detto Gabriella Reillo - non posso che sottolineare la straordinarietà della figura di Livatino nel suo essere un magistrato normale che, nonostante tutto, ha voluto fare il suo dovere». Si è detto dunque che l'importanza della lavoro di Livatino sia emersa dopo la sua uccisione. Lui aveva iniziato ad applicare le norme che guardavano per la prima volta all'aggressione dei patrimoni, la legge La Torre per intenderci. Nella sua attività di contrasto alla mafia fu però lasciato solo. Ed ecco il senso del Sub Tutela Dei, la fede profonda che ha guidato tutto il suo percorso da magistrato fino al sacrificio estremo.
Nel corso del convegno ci si è soffermati anche sulla definizione di giudice ragazzino, ritenuta una sorta di luogo comune che ha accompagnato la sua figura. In realtà, infatti, all'epoca della sua uccisione Rosario Livatino aveva già alle spalle dieci anni di attività ed una consolidata e coraggiosa attività di contrasto alla ferocia della criminalità organizzata che alla fine lo ha ammazzato proprio perché lo temeva. Il sindaco della città Paolo Mascaro nel suo saluto ha evidenziato l'importanza di dare seguito con atti concreti al sangue sparso dalla mafia: «Quando noi confischiamo e utilizziamo i beni dei mafiosi traduciamo - ha detto Mascaro- in atti concreti quelle norme per cui hanno dato la vita magistrati come Livatino ed esercitiamo così la memoria»
Per il procuratore Curcio, tutti «abbiamo un debito verso Livatino. Solo con i nostri comportamenti, e con le nostre scelte quotidiane, con le nostre condotte rifletteremo le sue idee e mantenere viva la sua memoria». Il vescovo Parisi dal canto suo è andato in fondo alla questione centrale del convegno affrontando il tema "Fede e Diritto" e parlando direttamente all'uditorio formato non solo da addetti su lavori dunque magistrati ed avvocati ma, soprattutto, dagli studenti delle ultime classi del liceo classico. «La ratio intrinseca che ha condotto il percorso da magistrato di Livatino - ha detto monsignor Parisi - è stato il suo percorso da credente. Esiste una ratio di fondo, un principio fondativo che accomuna sia chi crede che chi non crede. Ed è l'aldilà». Il vescovo però non si è riferito all'aldilà escatologico di cui è intrisa la dottrina cristiana ma, più prosaicamente, ad un oltre più urgente di cui oggi si sente il bisogno. «Un concetto di giustizia che si concretizza mettendo in chiaro la misura del lecito che definisce la giustizia. Il limite dell'obbedienza alle regole di Dio. Livatino segue questo percorso, senza contraddire la norma e seguendo la strada della legalità arriva a superare la norma stessa per potersi esprimere pienamente. Perché la giustizia per essere perseguita pienamente deve mettere nel giudizio anche il peso dell'amore verso l'altro». Un convegno dunque molto partecipato per rivalutare la figura e soprattutto il sacrificio di un simbolo importantissimo della lotta alla mafia quale appunto il giudice ragazzino.