Nell’auditorium Don Orione del santuario di Sant’Antonio la prima proiezione del lavoro di Antonio Melasi che racconta l’intensa esperienza di accoglienza in riva allo Stretto
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Oltre 60mila migranti, persone in fuga da guerre, torture, fame e povertà, arrivati a Reggio Calabria in oltre 200 sbarchi avvenuti dal 2014 a oggi. Quasi 4000 solo in questo 2023.
Una esperienza di intensa umanità e condivisione che la comunità di Reggio Calabria ha vissuto al momento di rispondere presente alla chiamata all'amore e all'accoglienza. Una chiamata culminata nel dolore e nella commozione profonda di quel 29 maggio 2016. Al porto di Reggio Calabria arrivarono 45 salme di chi non era riuscito a toccare la terraferma, di chi in mare aveva smarrito i propri sogni, di chi aveva potuto solo sperare in una vita libera, persa proprio durante il viaggio per conquistarla.
Il dovere di accoglienza restava prioritario ma necessitava di declinarsi in un modo diverso. Così quelle salme furono accompagnate a custodite dalla comunità di Reggio fino al giorno della sepoltura che, grazie al Comune di Reggio Calabria e alla comunità di Armo, ha potuto avere luogo nella frazione collinare della città dello Stretto. Quel 3 giugno 2016 divenne, per volontà dell’amministrazione comunale di Reggio Calabria guidata da Giuseppe Falcomatà, la giornata per la commemorazione delle Vittime delle migrazioni.
Nel solco di questa riflessione profonda si innesta l’urgenza avvertita da Caritas Italiana, Caritas Reggio Calabria e Arcidiocesi Reggio Calabria – Bova di raccontare questa esperienza attraverso il docu-film “Armo, storie di volontari e di migranti” del regista reggino Antonio Melasi.
Proiettato in prima assoluta in un gremito auditorium Don Orione del santuario di Sant’Antonio di Reggio Calabria, esso il frutto di una precisa necessità: tutto ciò che è accaduto non deve restare solo un ricordo ma deve diventare un cammino presente e futuro. Senza immergersi in questo racconto prezioso e necessario sarà difficile capire a pieno cosa siano le migrazioni, da cosa nascano e come prendere parte, compiendo non un atto di compassione ma di responsabilità, a questo dramma di dimensioni epocali e ampiamente annunciate.
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