VIDEO | In riva allo Stretto è andata in scena la protesta del movimento lgbtqi+ e di altre associazioni dopo il blocco in Senato dell'iter parlamentare del disegno di legge contro l'omobitransfobia (FOTOGALLERY)
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In piazza per chiederne la calendarizzazione nei mesi scorsi, quando il Ddl Zan neppure riusciva ad arrivare al Senato dopo l'approvazione alla Camera dello scorso anno, l'Arcigay Reggio Calabria, in piazza ci è tornata questa volta per protestare contro l'interruzione al Senato dell'iter legislativo avente ad oggetto lo stesso disegno di legge. L’iniziativa è stata anche occasione per manifestare indignazione per gli applausi e le esultanze nella massima Assemblea legislativa della Repubblica dopo l'approvazione a maggioranza del non passaggio all'esame di un testo legislativo che avrebbe garantito diritti e sicurezza, quotidianamente violati da idee fondate sulle discriminazioni per motivi di sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità.
La protesta contro il blocco al Senato e la “tagliola”
A seguito della mancata discussione del disegno di legge, bloccato l'iter con 154 voti favorevoli, 131 voti contrari e due astenuti espressi a scrutinio segreto, in applicazione della cosiddetta 'tagliola' prevista dall'articolo 96 del regolamento del Senato - Proposta di non passare all'esame degli articoli: 1. prima che abbia inizio l'esame degli articoli di un disegno di legge, un Senatore per ciascun Gruppo può avanzare la proposta che non si passi a tale esame; 2. la votazione della proposta ha la precedenza su quella degli ordini del giorno - questa volta il movimento lgbtqi+ reggino è tornato in piazza Camagna per protestare e denunciare «il fallimento di un'intera classe politica incapace di rispondere alle istanze di una grande parte di Paese», ha dichiarato Michela Calabrò, presidente dell'Arcigay Reggio Calabria.
«Fermata ancora prima che si potesse entrare nel merito della discussione al Senato della Repubblica, la proposta di legge, che era stata votata alla Camera lo scorso 20 novembre, ha trovato nuovamente ostacoli per colpa dell'ostruzionismo di Lega e Fratelli d'Italia che hanno proposto e ottenuto il voto segreto per il non passaggio alla discussione degli articoli», ha spiegato ancora Michela Calabrò.
Adesso il testo tornerà in Commissione Giustizia e non si potrà discutere prima di sei mesi. Tutto da rifare, insomma, con tempi che si allungano, facendo presagire la fine di questa legislatura prima che questa legge torni in aula. Una strategia dilatoria che ha indignato il mondo lgbtqi+, proprio in queste ultime anche ore destinatario di offese e minacce.
Le reazioni e le minacce
«Dopo avere annunciato la nostra iniziativa di oggi in piazza, abbiamo ricevuto messaggi minatori che hanno generato paura. È un’ingiustizia rispetto alla quale dobbiamo reagire con fermezza. Il nostro impegno riparte da questa piazza così piena di energia e di colori», ha spiegato ancora Michela Calabrò.
Il ddl Zan perché le offese non sono opinioni
Nel nostro Paese, senza che alcuno qualifichi questa legge come attentato alla libertà di opinione, è punito chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico e chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Non è, invece, punito chi divulga idee fondate sulla discriminazione per motivi di sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Questo ampliamento di tutela, un atto di rispetto e civiltà che nel pieno rispetto della Costituzione accrescerebbe la tutela della persona nel nostro ordinamento giuridico, proposto dal disegno di legge del deputato piddino Alessandro Zan è stato affossato nei giorni scorsi al Senato senza che neppure, dopo un anno di attesa, se ne potesse discutere nel merito.
L’appello alle famiglie
In piazza anche l'Agedo, associazione genitori, parenti e amici di persone omosessuali, e tante altre associazioni del territorio.
«Quanto accaduto al Senato, richiama anche noi genitori a stare sempre più accanto alle nostre figlie e ai nostri figli. Dobbiamo allearci con loro perché questa battaglia di civiltà è ancora lunga e difficile e durerà fino a quando non si godrà tutte e tutti della libertà di uscire anche mano nella mano con la persona che si ama senza tenere insulti e commenti offensivi», ha sottolineato Mirella Giuffrè, presidente Agedo Reggio Calabria.
Calabrò: «Abbiamo perso tutti. Italia ancora senza legge»
«Oggi abbiamo perso noi come comunità, ma ha perso soprattutto la politica che poteva dotare questo Paese di una legge contro l'omobitransfobia. E invece sì è preferito fare campagna elettorale sulla pelle delle persone», ha evidenziato ancora la presidente dell'Arcigay reggino.
Un'occasione, quella di oggi, anche per ricordare, come ha fatto la presidente di Arcigay Calabria, Michela Calabrò, che «dal 1996 si tenta di approvare una legge contro l'omobitransfobia e per l'ennesima volta si registra l'incapacità politica di dare risposte concrete a chi chiede tutele e diritti». Sono passati 25 anni da allora e l'Italia, dopo questo indecorosa pagina, resta ancora senza una legge che il momento storico invoca per proteggere le persone e difendere la loro libertà di essere da coloro che ritengono le offese una legittima manifestazione del pensiero.