«Grazie Italia per il supporto. Nessun'altra nazione avrebbe mostrato un coinvolgimento di tale grado». A scriverlo, in una lettera aperta inviata alle redazioni dei giornali, è Reginald, padre di Nicholas Green, il bimbo americano di sette anni ucciso sulla Salerno-Reggio Calabria nel 1994 e i cui organi furono donati a sette nostri connazionali. A distanza di 22 anni dalla “Lettera aperta agli Italiani”, rilanciata all'epoca dai media, il papà del bimbo diventato il più famoso donatore di organi della storia, torna a scrivere «per registrare un evento senza precedenti: la prosecuzione di quell'emozione dopo tutti questi anni, una cosa ancor più sorprendente dell'iniziale impennata».

 

A meno di due mesi dalla scomparsa di Andrea Mongiardo, il ragazzo che ricevette il cuore di Nicholas, Reginald scrive: «una volta che lo incontrai, misi la mia mano sul suo cuore e lo sentii battere forte e regolare. 'Bravo, Nicholas', dissi a me stesso. Fino alla fine, quel cuore ha fatto perfettamente il suo lavoro».

 

E quel trapianto fu solo l'inizio di una lunga storia. «Immediatamente dopo l'uccisione di Nicholas i tassi della donazione degli organi sono schizzati verso l'alto e cresciuti costantemente per 10 anni, fino a che oggi sono il triplo di quanto non fossero inizialmente, un tasso di crescita a cui nessun'altra nazione è andato vicino».

 

Una reazione il cui eco arriva ai giorni nostri. Dalle forze dell'ordine agli alunni delle scuole, dagli insegnanti ai personaggi dello spettacolo e i politici: da Reginald arriva un grazie gli italiani «per esservi occupati della nostra storia per tutto questo tempo. Nelle oltre 40 volte che sono venuto qui per parlare di donazione di organi, a quasi ogni tappa mi viene chiesto: non odiate l'Italia? Non abbiamo mai pensato che l'Italia avesse premuto il grilletto. Ma quello che invece non sarebbe potuto accadere ovunque - conclude - fu la reazione. Nessun'altra nazione al mondo avrebbe mostrato un coinvolgimento di tale grado».