La campagna di LaC

«L’Autonomia differenziata è mal concepita e nuocerà al Paese»: i finalisti del Premio Caccuri dicono No alla riforma

VIDEO | Per Ranucci «il Sud va sostenuto, non abbandonato». Mieli: «Non ce n’era bisogno». Stefanelli punta sul referendum. Giuli la boccia da destra: «Non si può dividere così la nazione»

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di Redazione Attualità
11 agosto 2024
12:32

Per tutti è una riforma mal concepita, per certi versi ideata al contrario, perché l’idea giusta sarebbe quella di aiutare a crescere le aree del Paese più in difficoltà. E invece l’Autonomia differenziata alla Calderoli va nel verso opposto: rischia di cristallizzare il divario Nord-Sud. I quattro finalisti del Premio Caccuri concedono una battuta ciascuno ai microfoni di LaC nella campagna lanciata dal network contro la legge “spacca Italia”. E, pur arrivando da storie e percorsi differenti, concordano sul dato che la riforma, così com’è, non funziona.

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Per il vincitore del premio Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore di Report, la riforma parte da un presupposto errato: «Io credo che un Paese non possa crescere se non aiuta la sua parte più arretrata, più in difficoltà. La testimonianza viene proprio dalla Finlandia che è cresciuta nel momento in cui ha pensato di investire nelle zone che erano più sottoutilizzate. Grazie a quel progetto la Finlandia è riuscita a creare una multinazionale come Nokia». Che il Sud possa essere penalizzato dalla riforma è, per Ranucci, evidente: «Si è già visto con il meccanismo dei fabbisogni standard basato sulla spesa storica: c’era una grande disparità perché il meccanismo era perverso, si basava su quello che si spendeva prima», che per il Sud era pochissimo in molti settori. Un approccio che finisce per fissare le differenze tra le diverse aree del Paese mentre «si deve investire sul futuro dei territori che sono arretrati storicamente».


Anche per Paolo Mieli, storico e due volte direttore del Corriere della Sera, «l'autonomia differenziata è mal concepita: forse andrà in porto, non so come potrà finire il referendum, ma non ce n'era bisogno, non c'era necessità». O, forse, l’unica necessità era politica: «Il centro-destra l'aveva messa nei suoi programmi e quindi è giusto che chi vince le elezioni poi applichi il programma con il quale si è presentato ai propri elettori».

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Punta molto sul referendum, invece, Barbara Stefanelli, scrittrice e vice direttore vicario del Corriere della Sera: «Credo che l'autonomia differenziata possa aumentare le distanze tra le regioni italiane, però c'è un referendum per il quale si stanno raccogliendo tante firme, sia nelle regioni del Sud che in quelle del Nord, e mi sembra giusto che siano i cittadini ad esprimersi: vedremo che cosa davvero vogliono gli italiani».

Arriva una critica anche da destra: Alessandro Giuli, presidente della Fondazione Maxxi (il Museo nazionale delle arti del XXI secolo) è forse il più netto tra i finalisti del Premio Caccuri sulla riforma votata dalla maggioranza di centrodestra. «L'autonomia differenziata così com'è non può essere applicata, servirà molto tempo e spero che venga molto, molto, molto rimeditata da tutte le classi dirigenti con uno sforzo comune di maggioranza e opposizione: si presta a molte critiche e ritengo che debba essere fatta meglio». 

Giuli crede che l’Autonomia creerebbe problemi sia al Sud che al Nord. La sua contrarietà è motivata anche da ragioni storiche e di formazione culturale: «Vengo da una cultura mazziniana e risorgimentale, oltre che di destra, e quindi penso che prima di aprire la possibilità a una disunione in una nazione che ha radici millenarie ma si è ricostituita in modo unitario non da molto tempo ci si debba pensare a lungo».

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